La leggerezza in scultura: gli intrecci da sogno di Sonia Scaccabarozzi 🎙️

Anche senza conoscerne a fondo la poetica, leggerezza ed emozione sono i valori che viene più istintivo associare all’arte di Sonia Scaccabarozzi, nel segno della tradizione melottiana. Dagli albori dominati dalla ceramica fino ad oggi, l’artista (1969) di Vimercate, ora attiva a Merate, ha mantenuto inalterata la capacità di trasmettere un messaggio di indubbia autenticità tramite il mezzo astratto, passando con estrema disinvoltura da un materiale all’altro, anche se dal 2019 sembra assestarsi sulle trame di legno e della carta “affogati” nel cemento. Una strada su cui ha giocato un ruolo chiave di “consigliere” Andrea Zardin della Galleria Bianchi Zardin di Milano, spazio che rappresenta l’artista insieme a Ro’S Gallery di Bergamo e a Lavit di Varese. Una scelta, quella delle fitte orditure, certamente non definitiva, dal momento che l’artista sappiamo essere tutt’altro che selettiva. Tanto è vero che il metallo con cui dal 2016 ha avviato un nuovo stretto e più intenso rapporto, rappresenta comunque ancora una solida roccaforte della sua inossidabile vena, sempre all’insegna del perseguimento del positivo, come ci confessa lei stessa.

“Conferire valore tridimensionale al segno grafico è la missione che ho sempre cercato di portare avanti – ci racconta l’artista – ho iniziato in un primo momento con la ceramica, che mi ha in qualche modo favorito dal fatto di aver sempre avuto una certa dimestichezza e abilità manuale naturale, e alla quale mi sono avvicinata seguendo un corso specifico nel 1996, percui determinante è stata anche la fiducia e il pieno sostegno di mio marito nel perseguire questa strada. La vera scoperta è stata però per me il ferro (che impara a saldare nel 2016 dopo un minicorso propedeutico ndr), specialmente per l’immediatezza del risultato della lavorazione, più rapido rispetto ai tempi lunghi di presa della ceramica e anche della tipologia raku. Le ultime fasi della mia produzione mi hanno fatto inoltre rivalutare anche l’efficacia delle asticelle di legno che utilizzavo già dal 2014, ma che inserite nel cemento mi hanno portato ad uno stadio per me inaspettato e direi sorprendente. E di recente ho provato a sperimentare la carta al posto del legno (che utilizzo sempre in forma riciclata), riscontrandone tra l’altro un analogo e insolito effetto di “durezza” che non daremmo mai alla carta, alternandone l’uso con la carta da lucido, che dà un risultato ottico semitrasparente davvero gradevole”.

Ma l’avvento del cemento non ha escluso dal gioco delle combinazioni il metallo, anzi, come vediamo in Io sono Milano il legame fra i due si mostra molto efficace, confermando nella riproduzione molto stilizzata del Duomo, il potere assolutamente visionario della sua scultura. E di tanto in tanto riaffiora anche qualche bagliore di ceramica, giusto per non dimenticare le radici e l’importanza di ogni percorso di crescita, un’evoluzione di stile e contenuto che non cancella né sminuisce il passato. “L’altro punto per me fondamentale è la necessità di trasmettere un messaggio umano e in generale di speranza – prosegue l’artista – Non è un caso infatti che le mie lavorazioni siano tutte colorate. E proprio per la spontaneità con cui riesco a fare quello che faccio, a maggior ragione voglio contribuire a dare una mano nei progetti artistici di carattere solidale quando questo è possibile”. In effetti la dimensione sociale del suo lavoro è qualcosa di intrascurabile. Citiamo a questo proposito un evento in corso in questa stagione autunnale con questa finalità a cui prende parte anche lei, alla Gelateria Spini di Robbiate: attraverso metà del ricavato della vendita delle opere della mostra collettiva prevista nel locale di Antonio Spini, titolare con il callo del collezionismo e delle mostre a sfondo benefico, andrà a sostenere le attività del Comitato Maria Letizia Verga di Monza, realtà onlus che si occupa della cura dei bambini malati di leucemia attraverso il supporto in prima linea alla ricerca.

Ma sono tanti i versanti dell’arte della Scaccabarozzi che vale la pena considerare. Basti ricordare, per sottolinearne l’impegno nelle installazioni site-specific, l’adesione al progetto itinerante Anima Minima, promosso dall’associazione monzese Streetartpiu e del suo punto di riferimento, l’architetto e designer Felice Terrabuio, che nel 2018 l’ha portata ad esporre alla chiesetta di San Biagio a Triuggio: Bussando alle porte del cielo si è rivelato così uno degli esiti più interessanti di quella deriva metallica di cui parlavamo, e che qui ha assunto una dimensione decisamente stellare, riprendendo il titolo dell’opera. E fra i tanti interessi, la Scaccabarozzi non disdegna nemmeno i progetti di arte pubblicitaria sui manifesti stradali, sempre più diffusi. A Monza e a Seregno ha già dato prova di tenere anche a questo filone, e molto presto tornerà nel capoluogo per un nuovo intervento di arte “promozionale”.

Sonia Scaccabarozzi, Silenzi variabili (2016)

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