Intrecciare gruppi di linee in orditi cromatici che vivono in orizzonti spaziali indefiniti, è un’operazione che presuppone l’abilità di riuscire a penetrare davvero nel fondo della percezione umana. E dopo anni trascorsi ad affinare questa inconsueta e accattivante tecnica compositiva, Silvia Brambilla (1964) oggi ha trasformato il suo personale esercizio stilistico in una solida e ammaliante teoria. Cambiano le combinazioni cromatiche tra gli intrecci e lo sfondo, ma resta di base un’impronta di rigore, serietà ed eleganza sempre molto trasparente. Difficile non innomararsi in effetti di trame che lasciano la mente vacillante, in balìa del dubbio di dove possa terminare il motivo geometrico ogni volta proposto. In realtà quest’ultimo porto sicuro non è che il più recente approdo di un percorso molto lungo nell’arte di Silvia, che ha mosso i primi passi cimentandosi in un altro ambito. Ed è lei stessa a svelarci la strada che l’ha portata dove oggi si colloca fieramente a livello artistico.
“Ho iniziato il mio cammino in questo mondo dipingendo con uno stile figurativo e conducendo corsi di modellazione dell’argilla, quindi spostandomi in un secondo momento sul versante raku – osserva Silvia – questo tipo di interesse non mi ha negato di portare avanti in parallelo anche un corso sulle tecniche di decorazione. Il primo attestato che ricordo sempre con piacere nel campo dell’argilla l’ho conseguito nel 2007 al Concorso Arti del Fuoco di Nova Milanese. Ma di lì a poco si può dire che ho fatto la vera svolta, che tuttora sto sostenendo, dedicando la maggior parte del tempo alla realizzazione di questi orditi: sono una sorta di dimensioni immaginarie costruite su linee ipoteticamente infinite, dove compare sempre un punto buio e uno luminoso a bilanciare l’insieme. Si contraddistinguono perchè creano un senso direi molto accentuato di spazialità e tridimensionalità.
E oltre la scelta estetica devo dire che non c’è un vero significato simbolico dietro a queste elaborazioni. Durante il mio percorso artistico ho provato a realizzare queste trame in materiali diversi per fare delle prove, ma quella pittorica è senz’altro la dimensione più rappresentativa del mio lavoro. Da qualche anno ho deciso di interrompere la modellazione dell’argilla, sostituendola con la lavorazione del rame che intreccio e modello, dando vita a piccoli monili che poi coloro con la tecnica dello smalto a fuoco su metalli, ed è proprio grazie a questo procedimento che acquisiscono iridescenze uniche ed irripetibili trasformandosi in piccole sculture da indossare”.
Oggi Silvia si gode i meriti riconosciuti oltre il confine della sua Monza. Tra le altre “stelle” del suo “palmares”, brilla il secondo premio nazionale Città d’Arte di Novara nel 2016, come anche le tre selezioni per le prime tre biennali di Genova, di cui l’edizione 2015 condita dalla segnalazione. Un rapporto del tutto particolare, il suo con Genova, che al cinquecentesco Palazzo Stella custodisce una raccolta permanente proprio di sue opere, grazie alla mediazione dell’associazione Satura Art Gallery. Per lei una gradita presenza “fuori casa”, come alla Woland Art Gallery di Portopiccolo Sistiana (Trieste), dove anche qui beneficia di una collezione fissa di tele per farla conoscere al pubblico. Luoghi da lei eletti per spargere il riverbero delle sue linee anche in orizzonti lontani dal suo cuore monzese. E, naturalmente, validi complementi d’arredo con un marchio di originalità e raffinatezza garantito.
