L’interazione tra mondi diversi ma affini, se sostenuta da un background personale mosso da una passione coltivata per anni, crea alchimie capaci di lasciare il fruitore in balìa di onde emotive dall’effetto… ritmico. Questo vale in modo calzante per l’intesa che sanno stringere l’arte pittorica e la musica. Ne sa qualcosa il medese Mattia Consonni (1972), che dal 2012 porta avanti una ricerca personale dotata di un’impronta magica tutta sua, centrata sull’inserimento del sempre più leggendario disco di vinile nell’opera d’arte.
“Mi considero a tutti gli effetti un consumatore di musica dei generi e dei formati più disparati – premette Mattia – a casa sono arrivato a raccogliere pile di audiocassette, cd e vinili, oltre ad aver girato l’Italia e l’Europa per assistere a concerti. Per quanto riguarda il rapporto con l’arte, potrà sembrare strano, ma solo pochi anni prima di avventurarmi in questo mondo non avrei mai immaginato che sarei arrivato veramente a farlo. L’operazione che metto in atto ripetutamente da quando provai la prima volta a praticarla per dare un senso ai vecchi vinili “dismessi”, consiste nel lasciar cadere il colore sulla tela che appoggio su un tavolo rotondo mobile che ho costruito appositamente. Mentre la mia firma distintiva è il vinile, che inserisco in qualsiasi modo e forma, certe volte sostituendolo ai volti, e proprio in tutte le opere, anche dove a un primo rapido sguardo non ne si scorge la presenza”.

L’altro tratto caratterizzante del suo creare artistico, è l’integrazione del QR Code in ogni tela: ciascuna opera è di fatto la riproduzione visiva di un brano, dai Talking Heads ai Coldplay, da Zucchero a Paul McCartney, generati “gettando” colore sul supporto secondo il sentimento di Mattia. Tele ma anche installazioni, come quella coreografica che nella sua Meda ricordano bene, per aver completamente ricoperto una parete della Sala Civica Radio nel 2018, e che ha impegnato un anno di lavoro solo per l’allestimento dei pannelli di supporto a 2.700 dischi. Sudore ripagato però ampiamente da un risultato ottico impressionante. “L’idea poi rivelatasi visivamente incredibile era quella di proporre un omaggio all’immortale The Wall dei Pink Floyd, con un significato però se vogliamo opposto a quello del film di Alan Parker, perchè se lì il muro serviva in qualche modo a mettere distanza tra Roger Waters e il pubblico insensibile agli orrori della guerra in cui il padre era caduto vittima, io ho voluto avvicinare la gente alla musica. Ed è stato in effetti un successo inimmaginabile, con oltre 2.000 visite, scuole comprese, e un’attenzione davvero inaspettata per l’idea.
Nello stesso progetto, all’interno della sala civica invece ho cercato di riportare l’attenzione su un tema ambientale purtroppo sottovalutato come quello dell’inquinamento dei mari, disponendo a terra nell’installazione Don’t go near the water (ripresa del successo dei Beach Boys) un “tappeto” di 1.600 vinili che, marcati dall’azzurro dell’acqua, in quel caso fungevano da zona inquinata. Questa installazione l’ho poi trasferita in altri contesti, ogni volta modellandola in base allo spazio disponibile, percui da oceano poteva trasformarsi in mare, piuttosto che in lago o fiume”.
Un altro progetto che ha calamitato gli occhi di addetti e curiosi su Mattia, è Melody, un’iniziativa partita nel 2019 che ha viaggiato per l’Italia e non è ancora arrivata al capolinea, e vede protagonisti cinque animali che si saziano a suon di vinili. Sette come le note musicali, quelli che ognuno porta sul proprio corpo: loro sono la mucca Melody, l’ippopotamo Hippo Pop, il cinghiale Demo, il coccodrillo Rock e il gorilla Rap. Cinque personificazioni della musica che Mattia ha portato a spasso, facendole sostare a volte anche per un solo giorno in cornici in alcuni casi molto conosciute, come il coccodrillo Rock (che si rifa al brano Crocodile Rock di Elton John), rimasto all’ombra della Madonnina in Piazza Duomo di Milano per una giornata. Un’idea di “arte urbana partecipata”, visto che richiede al pubblico di interagire con queste figure in vetroresina, lasciando uno o più vinili non più “buoni” per l’ascolto (che come si può immaginare Mattia ricerca come il pane, dato l’uso massiccio che ne fa) per sfamare le bestie. Terminato il periodo incerto, questo sarà uno dei primi progetti a riprendere.
Quanto agli appuntamenti espositivi per farsi conoscere, “uno degli appuntamenti diventato praticamente immancabile che ho in agenda ogni anno, nella fiabesca location svizzera del Lago di Ginevra, è il Montreux Art Gallery, fiera d’arte di richiamo europeo a cui io partecipo tramite la rivista Biancoscuro, che negli anni ha mostrato un concreto e gradito apprezzamento per il mio lavoro. Nel 2019 ho anche avuto la possibilità di fare un’esposizione “tutta mia” all’interno della manifestazione. A ottobre 2020 invece ho ottenuto un riconoscimento legato ad una mia opera selezionata, Bootleg. Devo dire che nel complesso è un ambiente appagante perchè oltre ad esporre, posso esplorare un luogo che musicalmente regala emozioni uniche. Ci si può immergere nell’atmosfera dei Queen Studio Experience, gli studi discografici dei Queen, ammirare il museo e la statua di Freddie Mercury, per ricordare solo le fonti di attrazione per gli amanti dei Queen”.
Ma Mattia, che condivide la doppia passione combinata con la professione di idraulico, è un’inesauribile miniera di idee che continua a sperimentare sotto forme di cultura aperte al mondo, davvero particolari. Come il caso dell’esperienza durata 4 anni e ispirata a One man’s dream del pianista e compositore greco Yanni. “Nel 2016 ho avviato questa sorta di avventura con uno sguardo sul mondo. Dopo aver realizzato una tela con lo stile classico che mi contraddistingue, l’ho poi tagliata in 4 parti e l’ho spedita ad amici e conoscenti, a New York, Londra, Roma e Las Palmas. Dopo un “soggiorno” di alcuni mesi, a loro volta i destinatari l’hanno inoltrata ad altre quattro persone nella loro rete di conoscenze nel mondo.
La cosa particolare è che ho sempre mantenuto il controllo della posizione su ogni “pezzo” di opera, perchè nella prima spedizione ho dato tutte le istruzioni ai vari destinatari. Questo togliendo gli imprevisti, che come preventivabile, non sono mancati, compresi episodi di misunderstanding sugli indirizzi. Praticamente le mie tele hanno viaggiato per gran parte del globo, escludendo Africa e Oceania e alla fine, verso le prime settimane del 2020, sono tornate a casa sane e salve”. Una necessità di sperimentazione, quella che emerge in Mattia, che fa il paio con la sua volontà di non chiudersi mai in una roccaforte sicura a livello di conoscenze, ma al contrario anche grazie al potere universale della musica, di provare sensazioni ed emozioni nuove dal confronto con il diverso.