Fermare il tempo e immergersi nel passato più raffinato della storia dell’umanità, oltre a fungere da sano svago per la mente, per riscattarci da una contemporaneità sempre più avara di contenuti arricchenti, per qualcuno incarna un modello ideale da cui far passare la propria vena pittorica, imbevuta di un chiaro legame con il classicismo ellenico. Del resto come non rivedere, nelle eleganti teste antiche ad olio della monzese Valeria Andreis (1995), limpidi riferimenti a quel mondo greco, che da sempre ci appare così culturalmente avanzato. Alzi la mano chi di fronte a qualcuno di questi “reperti contemporanei”, non ha ripensato alle inimitabili teste di Fidia, o ai volti del mitico fregio partenoniano. Il punto interessante è che l’arte di Valeria si alimenta anche con molto altro rispetto a quella fonte autorevole, pur elegante, che lei ha il merito di avvicinare sensibilmente al nostro tempo, trasfigurandola dal diffusissimo riferimento scultoreo, al tema bidimensionale.

Con una formazione da liceo artistico e all’Accademia di Brera, condita da un percorso di Erasmus al Camberwell College of Art di Londra, la sua poetica si potrebbe sintetizzare infatti nell’esigenza di riproporre questo solare retaggio visivo millenario, in una modalità estremamente moderna, dal sapore spiccatamente pop-surrealista (una concezione che unisce surrealismo e simbolismo in una risultante originale e ben bilanciata a livello d’impatto visivo) suggerita dalle tinte alchemiche che pervadono di mistero atmosfere intense. Senza tradire una manifesta autenticità, la sua miscela di caratteri tra il sacro e il visionario mostra più di qualche punto di contatto con i profili del panorama attuale, riconducibili fra gli altri, ad Agostino Arrivabene e Nicola Samorì. Leggendo il suo percorso, però, scopriamo che inizialmente l’attenzione di Valeria si rivolgeva, con il ciclo delle Rimembranze, ad un’altra parte del corpo umano, le mani. “L’intento era quello di ricreare attraverso delle sensazioni tattili, in particolare tramite la cura dei dettagli anatomici, quei processi biologici vitali di trasferimento di liquidi che ritroviamo tipicamente negli organismi vegetali. Un’idea dal mio punto di vista perfettamente racchiusa nell’immagine illuminante di due mani che si sfiorano, come anche nell’atto di toccare l’acqua. L’evoluzione di questo pensiero di conservazione della vita si è materializzata nella serie Storia Liquida, dove in questo caso mi sono concentrata su teste di divinità classiche immerse quasi interamente nella formalina”.

Chi le osserva affiorare appena dal pelo della sostanza liquida, come iceberg nell’acqua, vive una realtà sua, distratta, non accorgendosi di tutto ciò che di negativo ha prodotto con la propria azione egoistica l’uomo postmoderno. Mentre il più recente stadio delle teste classiche ha ripreso slancio in una rinnovata forma delle teste antiche, le Carezze del Tempo – fino al 28 aprile in esposizione senza limiti di orari al MiMuMo di Monza – dove di nuovo si è posti di fronte all’ineluttabilità del tema eterno dello scorrere del tempo, sostenuti in questa lettura, dalle scheggiature che segnano i visi delle personalità raffigurate. In mezzo alle abbondanti opere dal “gusto archeologico” mai tramontato in Valeria, troviamo poi lavori potremmo dire a se stanti, ma assolutamente centrali nel processo di fortificazione dell’immagine di artista figurativa e realista. “C’è stato un periodo in cui ero molto affascinata dall’iconografia rinascimentale e in modo particolare dal tema ricorrente della Maddalena Penitente. Così nel ciclo dei Passaggi di Stato ho dato vita, fra gli altri, a una serie di soggetti in atto di pentimento. Qui mi interessava mettere a fuoco la modalità di raggiungimento di uno stato di beatitudine attraverso un procedimento profondo interiore, come si vede bene in Haptic Bliss (Beatitudine Aptica). Per questo tipo di lavori ho preso spunto anche dai santi raffigurati nelle cattedrali, come si nota nella mia opera che trae forte ispirazione dalla Pala di Brera di Piero della Francesca, Hemisphaera, focalizzata su un personaggio femminile a se stante dell’opera, immortalata in una condizione spirituale di sostanziale autocontemplazione.
Tondo Doni Hemisphaera
Con il nucleo di opere dei Soliloqui, invece, ho messo in atto un’operazione ancora diversa da quelle che faccio abitualmente con le teste, perchè qui la volontà era di lasciare più anonimi i soggetti, mediante il ricorso a volti statuari, restituendoli in una forma meno diciamo empatica rispetto a come potevano risultare utilizzando un’altra modalità”. La predilezione di Valeria per i modelli pittorici rinascimentali si è rivelata in tutto il suo splendore in un’autentica prova di abilità tecnica che il destino le ha messo di fronte, testata da una committenza a dir poco onorevole: il Tondo Doni di Michelangelo. Un “test di copia” portato a termine con brillantezza ed estrema autorevolezza, soprattutto se si calcola il termine di paragone ingombrante. E ora la sua comprovata manualità, fra le varie iniziative, l’ha portata ad aprire un canale su You Tube dove mostra i segreti sulle tecniche di disegno a chiunque si voglia avvicinare a questo mondo, e a chi è già avviato. Un valore aggiunto per un biglietto da visita “classico”.