Le sorprese artistiche che Milano sa regalare sono davvero infinite e superano spazialmente ogni confine immaginabile, anche quello del suolo. Provare per crederci, ad incunearsi nel Labirinto di Arnaldo Pomodoro, realizzato in modalità “work in progress” dal 1995 al 2011, dal grande artista marchigiano Arnaldo Pomodoro in via Solari.
Lo spazio inventato, una sintesi di fantasia, genio e abilità manuali allo stato puro, è ricavato in un ambiente sotterraneo che ricrea idealmente l’atmosfera del più antico mito esistente, quello dell’eroe Gilgamesh (probabilmente esistito realmente in qualità di re sumero), e che sino alla fine degli anni “90 ha funto da sede delle Acciaierie Riva Calzoni. Dal 1995 Pomodoro ha quindi iniziato a modellare la sua opera labirintica, dando forma a pareti, soffitti e sculture in fiberglass (fibre di vetro), con trame avvalorate dal sapiente ricorso al bronzo e la pavimentazione in rame, partendo dal portale del manufatto, unico per concezione, e con riferimenti e aneddoti che attingono sia dalla storia del mondo che dalla sua esperienza di vita.

Il processo di creazione si è basato sull’impiego di calchi in argilla, da cui è scaturita la struttura che possiamo oggi ammirare nelle rare occasioni in cui la Fondazione voluta da Pomodoro, sua omonima, concede l’accesso per le visite guidate. Nei suoi 170 metri quadrati di vani e motivi decorativi, apparentemente indecifrabili o che vagamente richiamano in alcuni punti le mappe archeologiche, non ritroviamo un monumento autocelebrativo, come si potrebbe essere portati a credere, ma più e più rimandi alla carriera ultradecennale di Pomodoro, che parlano dei suoi successi come dei fallimenti, come una sorta di mostra retrospettiva personale.
Su una delle pareti è così riportato, tramite calco, un paralume da tomba che gli era stato commissionato, ma che era poi stato scartato per le notevoli dimensioni che ne rendevano improbabile concretizzarlo. Pomodoro ha in questo modo messo in chiaro pubblicamente la sua delusione. Dall’altra parte, non mancano però le gioie artistiche del suo passato, come i suoi trascorsi da orafo, dal momento che come molti scultori, anche lui si avvicina alla scultura attraverso quest’altra arte affine, che oltretutto non ha mai del tutto abbandonato. E alcune idee decorative ricordano anche questo suo vissuto professionale.
L’ambiente dall’impatto più dirompente è però la stanza dedicata all’alchimista Cagliostro, al secolo Giuseppe Balsamo (1743-1795), con riferimenti alla sua turbolenta vicenda di conte imprigionato con diversi capi d’imputazione, dalle implicazioni nella massoneria all’ideologia anticattolica. È durante la detenzione nel carcere di San Leo, che realizza degli scritti, ripresi sulle pareti del labirinto, con una calligrafia piccola e incomprensibile da Pomodoro. A San Leo lo scultore marchigiano ha avuto modo di fare un’esposizione, da qui l’omaggio alla figura di Cagliostro.

La Fondazione oggi non è più fisicamente nello stabile di via Solari 35, che è di proprietà di Fendi, ma il Labirinto, inaugurato nella sua versione definitiva nel 2012, ci ricorda lo spessore di un artista, che accanto alle sue creazioni più conosciute e classiche della sua produzione, Sfera con sfera del Trinity College di Dublino, o il Grande Disco di Piazza Meda, ha saputo stupire con una dimensione di scultura portata ai suoi massimi livelli di ricerca estetica.
A questo proposito, la Fondazione è attiva su più fronti per far conoscere l’ampio e articolato universo scultoreo del maestro. Dalle visite alla Fonderia De Andreis, dove escono i capolavori dello scultore realizzati ancora con la tecnica della cera persa di Benvenuto Cellini, fino ai workshop, ai laboratori e alle visite guidate alla sede della Fondazione in via Vigevani, in zona Navigli.