Fra le mostre più attese dell’autunno culturale milanese, da sabato 10 ottobre il mondo fantastico di Frida Kahlo si è rivelato nella celebrazione sensoriale Frida Kahlo. Il caos dentro, inscenata alla Fabbrica del Vapore, iniziando ad inondare di stupore e meraviglia i primi visitatori. In via Procaccini tanti piccoli tasselli della vita e della produzione inesauribile dell’artista poliedrica e sfortunata, alcuni tratti direttamente da Casa Azul a Città del Messico – rinomata residenza messicana dove trascorse buona parte della sua travagliata esistenza, eccetto per i suoi soggiorni statunitensi – compongono un meraviglioso puzzle colorato che vale la pena cogliere l’occasione (unica) di vedere dal vivo, fino al 28 marzo 2021.
Il percorso molto articolato si snoda a partire dalla sua complessa vicenda biografica, dove fin da subito emergono le figure chiave che s’incontrano e vengono approfondite negli ambienti successivi. Su tutti il pittore murale messicano Diego Rivera (1886-1957), principale protagonista della sua vita, che sposerà due volte e con il quale vivrà una relazione intensa e al contempo conflittuale: alla base del rapporto compare presto un tradimento reiterato di lui, che con il tempo Frida arriva ad accettare in maniera quasi incredibilmente comprensiva, forse conscia anche del proprio stato di salute complessivo non particolarmente appagante. La malattia e la morte, a questo proposito, sono temi che, specie dopo l’incidente su un tram del 1925, in cui viene trapassata da un corrimano di ferro, attraversano inevitabilmente tutta la sua esistenza e pervadono anche i suoi dipinti, direttamente o allusivamente. Lo si può apprezzare nelle rappresentazioni di bambini cadaveri, di nature morte e di maschere. “Le immagini di me stessa sono ciò di più sincero che io possa fare per descrivere ciò che io sento fuori e dentro me”. Così Frida spiega il perchè di quell’infinita serie di autoritratti somministrate in innumerevoli varianti, talvolta anche ironiche, che in mostra sono riproposti nella sezione “Frida e il suo doppio” attraverso il formato Modlight. Si tratta di una specie di retroilluminazione omogenea in cui ogni dipinto, dopo la digitalizzazione, viene riprodotto su uno speciale film, mantenendo inalterate le dimensioni originali.
E parlando di temi trasversali, la rivoluzione messicana è qualcosa che scorre dentro all’anima di Frida come un fiume impetuoso, tanto da portarla a dichiarare di essere nata nel 1910, all’origine della sollevazione popolare. Il suo fortissimo senso di appartenenza alla cultura indigena messicana la spinge ad abbracciare una visione politica comunista, ma anche a mettere da parte oggetti della tradizione popolare, quali collane, braccialetti, ceramiche, giocattoli, maschere e tantissimi altri. Alcuni di questi sono un plus dell’abbigliamento dell’artista, che infatti per questa sua attenzione minuziosa alla propria immagine, è venerata come un’autentica icona internazionale. A omaggiare quest’altra sua grande passione ci pensa allora un’apposita sezione, Viva la Frida (letteralmente “Lunga vita a Frida”), che espone quattro abiti che sono parte della sezione Fashion-art realizzati dal marchio Enamoramex in collaborazione con il gruppo di artigiane messicane Las Tehuanas di Oaxaca, che fondono alta moda ed elementi del ricamo propri di gruppi etnici messicani, con il risultato di pizzi e ricami ornati da perline e cristalli. Una serie che riflette il gusto di vestire di Frida, e ispirato ad un’opera realizzata nel 1954, otto giorni prima di morire, Viva la Frida appunto, che mostra la sua voglia di vivere malgrado le avversità.
Un altro perno già citato della sua esistenza, pur con le sue ombre, è sicuramente Diego Rivera. La mostra ne percorre anche la sua figura, evidenziandone la centralità nell’arte murale messicana del tempo assieme a David Alfaro Siqueira e José Clemente Orozco, e sottoponendo nell’itinerario espositivo, una selezione di alcuni murales realizzati a Detroit, Città del Messico e San Francisco. Ma l’attrattiva forse più emozionante di tutto l’allestimento è offerta dagli ambienti di Casa Azul: lo studio, la camera da letto e il giardino, sono riprodotti con un impegno inimmaginabile per avvicinarsi il più possibile all’originale, grazie anche al supporto di autentiche chicche, come la sedia a rotelle posta di fronte al cavalletto e dal notevole impatto sensoriale. Ma quello di Frida è un mito indissolubile, celebrato ancora oggi in tutto il mondo, attraverso modi e canali più disparati, come dimostra la sezione filatelica che sfoggia i francobolli con la sua effige prodotti dagli stati di tutto il mondo. E come già in vita, aveva avuto modo di immortalarne la difficile vita del post incidente, il fotografo Leo Matiz (1917-1998), le cui istantanee riprendono Frida in varie pose del suo doloroso quotidiano, effetto anche delle decine di operazioni chirurgiche vissute, e negli ultimi anni, dell’inevitabile ricorso alla morfina. La mostra è prodotta da Navigare insieme al comune di Milano e numerose collaborazioni tra cui il Consolato del Messico di Milano, la Camera di Commercio italiana in Messico e la Fondazione Leo Matiz. Biglietti acquistabili sul posto o cliccando qui.
