Nell’oasi dell’Idroscalo risplende un parco sculture internazionale

Da rinomato parco ricreativo e del benessere fisico ad oasi di piacere totale per la mente, grazie alla nuova vocazione artistica. È anche da quest’apertura in direzione culturale che si è perfezionata in tempi recenti l’offerta dell’Idroscalo milanese, luogo sempre più versatile e all’insegna di un’integrazione delle sue proposte raramente visibile in altri contesti di carattere pubblico, tra funzione intellettuale e fruizione di servizi dell’intrattenimento, che svariano dagli sport amatoriali al rinomato relax da sdraio o lettino sotto il sole, passando per i campus estivi rivolti ai bambini. L’indirizzo inedito del rinomato centro pubblico inserito in una cornice naturalistica di grande pregio appena fuori Milano, tra Segrate e Peschiera Borromeo, rafforza quindi, e possiamo anche dire, raffina, un ventaglio di possibilità già di per sé molto ricco in un contesto di 1,6 milioni di metri quadri, per metà occupati dal bacino artificiale alimentato da acque sorgive.

Così, nel segno di un’interessante congiunzione fra attività fisiche e rigeneranti e la sfera culturale, l’eccellenza milanese dello svago all’aperto, gestita da Città Metropolitana e dall’Istituzione Idroscalo nata nel 2018, ha trovato dal 2011 un primo e importante risvolto concreto del futuro parco d’arte, con la collocazione delle prime opere en plen air, alcune di notevole formato, lungo la riva est del comprensorio, frutto di donazioni e prestiti anche importanti. Nel 2013 l’idea ha iniziato a prendere visivamente uno spazio di rilievo nell’area, e anche ufficialmente con l’inaugurazione del primo nucleo di 20 installazioni open air lungo un percorso sviluppato per un chilometro sul versante orientale del parco, grazie al sostegno di partner privati come Fondazione Materima di Castelbeltrame e Fondazione Banca del Monte e alla collaborazione con La Permanente. La scelta degli artisti selezionati da un Comitato Scientifico è ricaduta fra gli altri su nomi dal peso influente nel panorama scultoreo italiano e internazionale del dopoguerra, se si pensa alle figure di Giovanni Campus, Giacomo Manzù o di Mauro Staccioli. Il filo conduttore è il legame, sottile o marcato, delle varie lavorazioni con lo specchio d’acqua e la vegetazione circostante. Un leitmotiv che raggiunge l’apice della sintonia con il paesaggio in esempi come il Fauno di Manzù, e che diviene ancor più spiccata nel Grande nuotatore di Minguzzi, sottolineata dall’esposizione fronte lago.

Il carattere di fusione ambientale è interpretato in maniera particolare invece da Fabrizio Pozzoli, che “abbandona” il suo The roots climber, creato da un intreccio di fili di ferro, in balìa degli agenti atmosferici, lasciando che siano loro a modificarne l’aspetto nel tempo. Altri giocano sull’effetto sorpresa di soluzioni concettualmente stravaganti: vale per Paolo Delle Monache e il suo Tempio umano svuotato di ogni senso esistenziale ed esplicitato in un’accozzaglia di frammenti di arti inferiori umani, e in Tra memoria e Oblio, nell’espressione tragicamente persa di figure senza corpo, capaci di trovare comunque un loro equilibrio e un’armonia formale complessivi. Nel 2019 il programma si è ampliato ulteriormente attraverso 12 new entry e il coinvolgimento di nuovi attori in un processo di contaminazione anche a livello accademico, come conferma l’ingresso nel progetto dell’Accademia di Belle Arti di Brera e l’associazione degli Amici dell’Accademia, e il sostegno sempre prezioso di Fondazione Cariplo. Tra i nuovi ingressi nel parco non sono trascurati profili di una certa risonanza e qualità. Si passa così dalle riflessioni sociali contemporanee di Carlo Ramous ne Lo schermo distrutto, allo strepitoso duetto tra Enrico Baj e Alik Cavaliere, manifesto in Une dame d’autrefois, sintesi di due concezioni d’arte solo apparentemente distanti, qui legate insieme in un’opera sperimentale e dal tono ironico.

Ma la sinergia tra Accademia di Brera, l’associazione degli Amici dell’Accademia di Brera e l’Idroscalo si era già testata nel 2016 con la nascita del Museo dei Giovani Artisti (MAG), sezione del parco delle sculture adibita a “palestra” e laboratorio in cui mettere alla prova le abilità manuali dei prospetti emergenti, e che ha già sfornato 25 opere, in visione insieme al nucleo maggiore. Accanto a queste due aree in progress, non mancano interventi d’arte sporadici, come quello del 2016 con cui il parco ha accolto la Rosa dei Venti di Daniele Paggiaro e Luca Missoni all’interno del giardino dei giochi dimenticati, una vasta zona esclusiva dedicata al divertimento dei bambini più piccoli. L’installazione vuole essere un omaggio alla più famosa opera simbolo della curiosità e fantasia infantile di Ottavio Missoni, lo stilista scomparso nel 2013. Una cornice culturale destinata nell’ottica degli ideatori ad entrare nell’immaginario del “mare dei milanesi” come una parte importante e arricchente del suo complesso sistema di servizi. In attesa di riconoscimenti per le sue attività, che comprendono anche le visite guidate, oggi intanto il complesso ha già raggiunto un primo ragguardevole traguardo come primo parco dell’arte italiano pubblico a fruizione libera.

Giacomo Manzù, Fauno (2004)

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