L’abilità di intravedere nei gusci di lamiera riciclati, delle spie insolite del vivere quotidiano, è un talento che coltivato nel tempo può aspirare a divenire un marchio di fabbrica artistico rivelatore di un contenuto molto raffinato. Da un’attenzione spiccata per i segni della fatica e delle esperienze di vita vissuta, nasce il modello estetico ad alto tasso di sensibilità del robbiatese Andrea Cereda (1961). Dotata di una lampante riconoscibilità, la sua impronta creatrice è evidente nell’opera Custodi realizzata con vecchie carriole arrugginite, che nelle mani di Andrea si trasformano in un sorprendente veicolo di messaggi esistenziali e riflessioni realiste, molto profondi.
L’artista per i suoi lavori utilizza materiali di recupero come lamiere provenienti da vecchi bidoni ossidati e corrosi dal tempo e scarti di ferro industriali. “Premetto che la pulsione che mi muove ad utilizzare materiali di recupero, è qualcosa che prescinde da quell’ideologia puramente ecologica che si potrebbe pensare guardando i miei lavori – racconta Andrea – Sono invece stato attratto, da sempre, dal trascorrere del tempo e da quei segni che l’esistenza lascia sulle cose e sugli esseri umani. L’intuizione è una parte importante del mio lavoro, così, guardando una vecchia lamiera arrugginita è nato il parallellismo fra l’uomo, con le cicatrici di esperienze vissute e la materia con i segni che il tempo, l’utilizzo e i luoghi hanno lasciato su di essa. La base ideologica della mia produzione si può rintracciare nell’ineluttabilità del cambiamento: tutti i miei lavori, con poche eccezioni, sono permeati da questa forte attenzione alla ri-forma in relazione agli eventi che vive. La materia stessa, nel fare artistico, subisce un mutamento passando da oggetto a concetto. Modelli calzanti per rappresentare questa concezione appaiono a prima vista nella serie Metamorphosis – necessità evolutive, che fa luce sull’inevitabile necessità di adattamento di fronte alle condizioni mutevoli che la vita ci impone, e Chrysalis – Tempio del Cambiamento, che riprende una delle più straordinarie trasformazioni che accadono in natura: quel meccanismo funzionale di crescita e adattamento ad uno stadio evolutivo adulto che porta il bruco a diventare farfalla”.
E in questo inusuale processo di creazione artistica che trascende il carattere figurativo, così chiaro a prima vista, c’è ancora qualcosa in più, qualcosa di nascosto e sfuggente sotto la superficie del visibile, che è Cereda stesso a svelarci. “Capita molto spesso, mentre mi approccio ad un nuovo lavoro, di non avere esattamente a fuoco dove arriverà il risultato della mia elaborazione. Per fare un esempio pratico, quando ho iniziato a realizzare l’opera Noi siamo lacrime, avevo in mente più una forma che non cosa questa forma volesse rappresentare. Poi, dopo il primo pezzo realizzato, il significato di queste lacrime mi si è improvvisamente rivelato. Richiedevano di rappresentare le sette persone più importanti della mia sfera affettiva e me stesso. Le lacrime, considerando che noi esseri umani siamo costituiti per gran parte d’acqua, sono una metafora dell’emotività delle figure che simboleggiano. Ogni lacrima ha quindi una sua connotazione particolare in relazione al personaggio che rappresenta: penso alla juta color rosso bordeaux che ho usato per raffigurare mio padre che, nel suo lavoro di cantiniere, utilizzava il sacco per filtrare il vino. Ma penso anche all’ottava goccia (me stesso) con aculei a difesa, che identificano la mia paura, a volte ingiustificata, di fronte alle insidie della vita. Questo per dire che c’è un importante lavoro d’introspezione a monte di quello che appare”.
Di fronte ad una capacità critica così marcata e severa anche verso se stesso, viene naturale pensare che Andrea possa aver dedicato una parte della sua opera al suo trascorso personale, e in effetti è proprio così. “My life è l’angolo dei miei ricordi. Una timeline che riporta alcuni degli eventi più significativi che hanno segnato il mio percorso di vita.Come ho sempre pensato, ognuno di noi è diverso in virtù delle esperienze che attraversa, e di come reagisce a questi eventi. C’è chi sente più forte il peso della responsabilità, e chi sente meno questa pressione. Questo è il racconto di My life. Legato a questo ciclo della sfera personale, è anche No-Signal, una serie di lavori che ho realizzato per descrivere l’assenza e che è nata da un’intuizione che ha abbinato il disgregarsi dell’immagine in uno schermo digitale per mancanza di segnale all’Alzhaimer (assenza di segnale e di comunicazione dato dalla malattia) che ha colpito mia mamma nei suoi ultimi anni di vita”.

Così mature e consapevoli, le creazioni di Cereda si prestano bene all’esposizione in contesti in cui si può cogliere in maniera ideale il potere persuasivo e comunicativo dell’installazione. Emblematiche su questo fronte sono alcune installazioni di grandi dimensioni come Uno su cento dice no, esposta a La Ronda dell’Arte presso il forte Mezzacapo di Zelarino (2017), un’opera permanente a cielo aperto sul pensiero singolo fuori dal coro, testimoniata da vasche di carriola rovesciate sottosopra allineate in 5 file da 20 elementi ciascuna. La forma delle carriole rovesciate e l’allineamento rigoroso, in relazione con lo spazio militare del forte, evocano elmetti da guerra: 100 soldati visti dall’alto. In una zona dell’istallazione è stato eliminato un elemento, così da creare un vuoto, un punto attenzionale in cui l’assenza diventa oggetto di riflessione: in un mondo in cui l’omologazione e l’incapacità di ribellarsi all’ordine precostuito, c’è ancora qualcuno capace di pensare con la propria testa e che si oppone disertando il gruppo.
Anche Gestazione (2017) ad Anima Minima, dolce e improbabile evento che accoglie una forma tondeggiante proiettata dentro alla minimale e geometrica Chiesa di San Biagio di Tregasio di Triuggio da chissà quale pianeta. Un progetto che sottolinea una volta di più come a volte il contesto, qui grazie anche al contrasto delle forme in gioco, faccia veramente la differenza nella comprensione del concetto espresso.Per definire l’arte intuitiva di Cereda, usando le sue parole, si può parlare quindi di un’idea che, come le grandi scoperte, nasce da un errore o dal caso, cogliendo quel momento come l’opportunità per darle un senso nuovo e brillante.
grazie Matteo per l’attenzione nei riguardi del mio lavoro.
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