Il ‘viaggio’ di Valeria Angelini, alla perenne ricerca dell’identità umana

Andare alle radici del nostro esistere per scoprire e indagare il senso più intimo di quello che siamo. La nostra conoscenza di Valeria Angelini rivela una rara profondità di pensiero che non nasconde un certo disagio di fronte alla mancanza di approfondimento di molte operazioni culturali che segnano il nostro tempo, rifuggendo ogni azione artistica autoreferenziale, che non sia capace di consegnare un valore aggiunto in chi guarda. Gli assunti che reggono l’opera di Valeria si riconducono spesso al valore dell’identità, un punto focale esistenziale su cui è importante soffermarsi per provare a capire qualcosa in più su noi stessi, in primis da dove proveniamo. Ed è una domanda che ha baluginato per molto tempo nella testa di Valeria, nata a Massaua, in Eritrea, cresciuta a Roma e da una ventina d’anni stabilitasi in Brianza, a Seregno.

Desiderosa di portare alla luce la figura mai conosciuta in prima persona, e dunque ombrosa, di un parente prossimo, si è messa per anni sulle tracce dissotterrandone un’identità piena di mistero e che pareva introvabile. Si spiega anche con questa indagine personale l'”amore condizionato” per l’arte che scava nelle origini dell’uomo. Così trova senso la metafora geologica delle Divinae Identitas, personificazioni del divino sotto forma di immagini della genesi terrestre, rievocata attraverso lo spettacolo silenzioso di fuoriuscite laviche dalla terra, in colorazioni talmente intense da sembrare innaturali. Il tutto nella forma che negli ultimi tempi le è diventata fra le più congeniali: quella della sovrapposizione fotografica e della manipolazione digitale, abbinata alla formula ludico-giocosa della scomposizione dei supporti in macrotessere stile puzzle. È una ricerca identitaria che poggia sulla sua idea personale di rispetto smisurato per il dono della vita.

Valeria Angelini, Figli della Luna

Imparentato strettamente a questo focus naturalistico, in cui la natura funge solo da pretesto migliore per parlare di qualcosa di portata globale, che ci riguarda tutti indistintamente, è la serie che combinando foto e fondi in oro profuma di passato: nudi fotografici umani, maschili e femminili, trovano nella vicinanza dell’altro il loro completamento ideale, nascendo dalla convinzione che non esiste persona al mondo che sia unicamente uomo o donna. In altre parole in noi c’è dell’altro indefinito: entità impalpabili, sfuggevoli, impossibili da individuare e indagare. Figure a loro volta immerse in sfondi dorati, retaggio delle antiche icone bizantine, e che un po’ come queste riflettono l’aura sacrale che permea ogni essere umano rendendolo unico nella sua imperfezione e semplicità.

L’apparente mancanza di linearità nel suo percorso artistico (di medium e anche nella scelta mai definitiva tra astratto e figurato, anche se è evidente una predilezione spiccata per il primo) acquisisce allora una logica più chiara nella volontà di non fermarsi mai nell’analisi del mondo, nella convinzione che guardarsi intorno sia la strada giusta per soddisfare la propria sete di conoscenza. Parlavamo della natura come pretesto per la ricerca di Valeria, ma non solo: è un modello di perfezione vero e proprio, se pensiamo alla dimensione non casuale dei rapporti delle misure nell’ambiente. A questo proposito, gli esiti dei suoi studi sulla sezione aurea si ritrovano magnificamente risolti in foto digitali che sembrano suggerirci dietro l’inspiegabile (in apparenza) coincidenza dei numeri, forse un disegno regolatore da parte di un Qualcuno che sta sopra di noi. Sviluppi di questo focus si intravedono anche, visivamente solo appena percepibili, in un motivo spiraleggiante inserito mediante sovrapposizione fotografica al centro di vecchi cortili a rievocare il suo trascorso romano. È un modo brillante di legare forti capisaldi del suo pensiero, identità e perfezione, già dotati di una loro interconnessione intrinseca aprioristica.

Mentre la multimedialità, altro suo tratto distintivo che mescola pittura, scultura, foto e video con sapiente equilibrio, è pronta a rifiorire in un progetto locale d’impronta corale, condotto con altre artiste donne del territorio e in sinergia con l’amministrazione comunale di Seregno. Un’idea che nel prossimo autunno si spera vi siano le condizioni per portare in esposizione, in auditorium comunale e alla Galleria Civica Ezio Mariani di Seregno, in quello che vuol essere omaggio anche al 700° anniversario della morte di Dante e al suo impulsivo desiderio di uscire a rivedere le stelle, ricorrente ogni volta uscito dai tre scenari ultraterreni. Un’ulteriore prova dell’ammirazione infinita di Valeria per il creato e l’invisibile. 

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