Ci prendiamo lo spazio dovuto per un’incursione futurista di qualità, in compagnia di una figura chiave per la riscoperta dell’arte visionaria di Fortunato Depero.
Lui è Maurizio Scudiero, direttore dell’Archivio Depero di Rovereto, che con i suoi lavori monografici e gli studi profusi sul maestro futurista, ha portato la sua arte ad essere revisionata, e si può dire apprezzata fino in fondo, superando quella reticenza di una cospicua parte della critica spostata verso una certa area politica, che fino alla metà degli anni “80 ha contribuito a tenere oscurata una zona del suo talento.
Cogliamo in più l’occasione per preannunciare il prossimo grande evento espositivo che interesserà la sua arte, a novembre 2020. Una straordinaria mostra antologica dislocata tra le due sedi del MART (Museo d’Arte Moderna e Contemporanea) di Trento e Rovereto, e al Museo Depero di Rovereto.
“Una mostra di questo respiro, dallo sguardo così totale sulla produzione di Depero, al MART non è mai stata allestita – la premessa di Scudiero – si era realizzato un tributo alla sfera pubblicitaria nel 2007, ma direi che in questo caso si è andati molto oltre. Si è deciso in particolare di sfruttare la sede di Trento, che si trova a poche centinaia di metri da un altro museo dai numeri di affluenza importanti come il MUSE, per collocarvi soprattutto le opere di stampo grafico. Creando un sistema di bigliettazione che consenta di attrarre i visitatori nelle altre due sedi. Nella location di Rovereto l’idea è proporre i suoi migliori pezzi di pittura, completando l’allestimento al Museo Depero, poco distante, con una selezione di pezzi di arte applicata, arazzi e collage e sfruttando i beni della collezione permanente”.
Spostandoci sull’ambito della considerazione e del trattamento riservati per un lungo periodo dopo la sua morte dalla critica, viene naturale chiedersi il perchè di questo atteggiamento, di fronte ad una produzione immaginaria del valore che conosciamo. “La critica è rimasta indubbiamente colpita dalla prima generazione di futuristi – prosegue Scudiero – e dall’esponente di spicco del movimento, Boccioni, che come ben si sa era principalmente “solo” pittore. Percui anche per la seconda ondata di futuristi, i vari Prampolini, Balla e Depero, il metro di paragone è rimasto il campo della pittura.
Il problema è che dagli anni “20 Depero, oltre che sperimentare uno stile pittorico sempre più personale che fonde l’arte meccanica con la natura, ben visibile per esempio ne L’aratura del 1927, conosce altre declinazioni artistiche (dalla cartellonistica pubblicitaria ai collage). In più quando ritorna dall’America (dove aveva soggiornato dal 1928 al 1930) si defila dalla scena artistica per rinchiudersi nella sua roccaforte trentina di Rovereto, per lavorare con l’ente pubblico, che a quell’epoca era fondamentalmente il fascismo e di riflesso le sue corporazioni. La sua era “un’arte alimentare”, per mangiare, non che volesse sposare a tutti i costi l’ideale politico fascista.
Per questo, fino al 1985, cioè all’indimenticabile mostra di Palazzo Grassi a Venezia, che ha sdoganato un certo futurismo rivalutandolo, la critica sul movimento d’avanguardia era essenzialmente pitturocentrica, e se lo valutiamo entro questo campo Depero è “limitato”, mentre sappiamo che si è sfamato a lungo con la pubblicità e le arti applicate. La mia monografia definitiva su Depero. L’Uomo e l’Artista del 2009 in questo senso si configura come rilettura totale dell’artista, perchè ho voluto “correre il rischio” di far capire chi era veramente Depero, con un apparato iconografico a corredo che certifica questo intento, descrivendo le altre sue abilità che non erano ancora ben emerse, non ultima la scrittura”.