L’accogliente e raccolta frazione di Velate, inserita nel discreto comune di Usmate, è un piccolo scrigno d’arte che rivela, tramite alcune sue smaglianti strutture d’epoca, la rigogliosa fase di trasformazione della sua storia recente che ne ha mutato buona parte dell’aspetto tra Sette e Ottocento.
Il merito del profondo rinnovamento del periodo è da ricollegare all’umana visione del conte milanese Rinaldo di Barbiano, principe di Belgioioso d’Este, reduce delle battaglie risorgimentali, che nel primo Ottocento concentra nelle proprie mani un gran numero di possedimenti agricoli velatesi, oltre ad altri terreni ad Usmate, (le due realtà sono rimaste municipalità distinte fino ai primi anni 2000), avviando un vasto programma di bonifica e riqualificazione di molti di questi terreni.
E il velatese è un territorio che ben si presta alla coltivazione, come attestano anche indicatori naturali spontanei quali le risorgive. Ed è in questo momento che il conte decide di fare della centrale Villa Belgioioso, preesistente dal 1600, la sua residenza estiva, ampliandone il bel parco all’italiana che la incorniciava dal ‘700, arricchendolo da specie vegetali anche piuttosto rare, e includendovi un piccolo oratorio.

La villa presenta tre piani fuori terra, di cui il primo oggi adibito a mostre ed eventi comunali e delle associazioni. Il patrimonio della villa ha nel frattempo cambiato numerose proprietà fino al 1994, quando è stato ceduto al comune dall’ultima proprietaria, di cognome Scaccabarozzi, in condizioni di precario mantenimento. Ma la villa non è l’unica bella eredità lasciata in regalo ai cittadini dalla nobiltà locale.
In occasione della morte nel 1949 del marito Giovanni Giorgio Giulini Della Porta, infatti, la contessa Maria Beatrice Giulini, figlia di Rinaldo, animata dalla stessa indole caritatevole del padre, fa erigere una cappella funeraria dalle pregevoli forme architettoniche, che richiamano l’imponenza abbinata all’eleganza, tipiche dei templi romani. È la Cappella Giulini-Della Porta, conosciuta anche come Oratorio San Felice, uno dei modelli esteticamente più interessanti delle raffinate forme assunte dalla commemorazione funebre nell’Ottocento. Un luogo sacro che potesse insomma celebrare l’intera famiglia di Beatrice, così importante per la storia di Velate.
Edificata su progetto dell’architetto neoclassico Giacomo Moraglia lungo via del Bettolino, all’interno del camposanto e visibile anche dall’esterno, la cappella conserva un prezioso arredo scultoreo firmato dagli artisti più influenti del panorama ottocentesco, come Giuseppe Croff, Benedetto Cacciatori e soprattutto Vincenzo Vela. Lo scultore di origini svizzere si rende protagonista in particolare di due opere di sconvolgente realismo, l’Ecce homo e la Preghiera dei morti. Due sontuosi manifesti del neoclassicismo scultoreo dell’area settentrionale, racchiuso in un angolo appartato della Brianza, visibile nelle figure di Cristo e Maria e nei sentimenti palpabili che trasudano. Una traccia indelebile del passaggio in queste terre di una nobiltà buona.
