Luci sulle nuove e spregiudicate frontiere dell’arte. Non può lasciare indifferenti, se si parla di tendenze originali, lo stile di uno dei più interessanti artisti rampanti imperversanti sulla scena contemporanea.
Uno di quelli che non hanno timore di rompere schemi e convenzioni della tradizione, pur di esternare il loro pensiero. Nicolò Tomaini, 30 anni di Lecco, ha creato un nuovo tipo stereotipo di immagine artistica, tutto suo, basato sulla fugacità del consumo di massa della cultura, perfettamente esemplificata nelle “opere in caricamento”, un marchio di fabbrica della sua ancora fresca produzione. “Ho iniziato a dipingere da autodidatta a 20 anni, mentre frequentavo studi di carattere umanistico, quindi senza aver alle mie spalle un percorso in questa direzione. La cosa che mi ha colpito in modo particolare, nell’indirizzare lo stile delle mie opere, è stato l’atteggiamento tenuto dalle persone di fronte ad un’opera al museo, il cui istinto non era più quello di fermarsi sul quadro di fronte, ma di fargli una foto”.
Di fronte a questa mentalità, veloce e superficiale, ormai imperante nella società del terzo millennio, Nicolò ha deciso di dare questo tipo di taglio anche alle sue creazioni. “Nella maggior parte delle produzioni, per recuperare la “base” mi rivolgo a rigattieri, acquisendo lavori originali del ‘700 e dell’800. Quadri talvolta anche parecchio costosi. Su quel supporto interviene poi la mia mano a modificare l’originale, deformandolo”. Il risultato modificato è geniale: quadri realizzati a metà e per l’altra parte in fase di caricamento digitale. Difficile rendere altrettanto bene come sia cambiata la fruizione dell’arte in pochi anni. Nel tempo a cambiare nelle composizioni di Nicolò è stata soprattutto la tecnica, dove il metacrilicato ha oggi lasciato spazio all’idropittura, una tecnica impostata sull’uso dei colori ad acqua, quindi “meno invasiva”, e che si presta bene alla possibilità di eliminare le modifiche apportate e ritornare così all’originale.
È pertanto comprensibile la difficoltà di paragonare Nicolò a qualche nome della scena contemporanea e attuale, dato uno stile così personale. “La mia arte è inseribile nell’alveo delle nanotecnologie, mentre i miei riferimenti appartengono all’ambito concettuale, penso a Piero Manzoni, Agnetti, Prini, Anselmo o Paolini. In passato ho vissuto una parentesi pop in cui ho avuto modo di avvicinarmi ad autori come Festa e Schifano, ma che considero comunque lontani attualmente dalla mia concezione”.
Con questi presupposti, così attuali quanto futuristici, non mancano per Nicolò gli impegni con cui misurarsi. “Nell’ultimo periodo ho prodotto una nuova serie di lavori dal titolo Silicio. Fino a questo filone le mie creazioni erano caratterizzate da un approccio all’arte accessibile a tutti, e che racchiude la nevrosi tipica della società contemporanea. In Silicio ho iniziato a riflettere sui muri virtuali alzati dai grandi nomi della Silicon Valley, percui è nato un modo ancora diverso di concepire le opere.
I quadri storici fungono ancora da base, sono sempre divisi in due aree, dove in alto compare un codice algoritmico complesso tipico del linguaggio informatico, e in basso un’immagine ad effetto scomposto come quelle destrutturate delle vecchie tv con il tubo catodico. È una chiara metafora dell’inorganico che entra nell’immagine originale destrutturandola, come una sorta di virus”. La possibilità di ammirare il “nuovo stadio evolutivo” di questa concezione d’arte sociale e molto attuale, sarà allo spazio Heart di Vimercate, il 5 luglio, con l’apertura della personale Nicolò Tomaini. Per poter annullare l’immagine.