La celebrazione di un esempio per l’universo femminile. È una delle tante riflessioni che porta con sè la visione della mostra Inge Morath. La vita. La fotografia, aperta il 20 giugno e allestita fino al 1° novembre al Museo Diocesano di Milano.
Una digressione di qualità rispetto al palinsesto abituale del museo. L’itinerario suggerito svela il cammino professionale di una donna sempre pronto ad accogliere novità, denso di contatti e nuove esperienze lavorative. L’avvio della carriera del talento austriaco è una dimostrazione di questa versatilità. Comincia infatti il suo corso nel secondo dopoguerra, collaborando con il fotografo Ernst Haas, dove si mette subito in luce con un reportage sui prigionieri austriaci di ritorno dai campi di concentramento russi.
È grazie a questo lavoro del 1949 che viene notata dall’ancora giovanissima agenzia rinomata Magnum Photo (fondata nel 1947), che raduna il meglio dei fotoreporter del mondo, tra cui autentici miti del settore, come Robert Capa, Henri Cartier-Bresson. Vi entra inizialmente come giornalista, ma la sua impellenza nel ritrarre la realtà, più che nel descriverla, la porta ad imbracciare sempre più spesso la macchina fotografica. Per divenire nel 1955 ufficialmente parte integrante del nucleo dei fotoreporter dell’agenzia internazionale, un “privilegio meritato”, visto che l’agenzia non recluta mai donne fotoreporter. Inge è un’eccezione, ma la fortuna non c’entra. Già dai primi anni “50 la Morath, con i suoi frequenti soggiorni nel mondo (Inghilterrra, Spagna), non si risparmia nel suo costante esercizio di riportare in immagine istanti di quotidianità, anche spiccia, in cui emerge con decisione la componente umana dei soggetti.
“Sono più attratta dall’elemento umano che dall’astratto”, diceva del suo modo di concepire la fotografia. Non è un caso che la ritrattistica, sia di personaggi celebri che di figure più semplici, abbia accompagnato la Morath per tutta la sua scintillante carriera. La mostra percorre tutta la linea cronologica degli incarichi affidatile e le lunghe trasferte in luoghi in cui si lasciava sedurre da riti e usanze anche semplici. Iran, Romania, Cina, Stati Uniti, dove a pochi passi da Times Square realizza una delle foto più popolari del suo archivio, il lama che spunta dal finestrino di un taxi, nell’ambito di un lavoro sull’utilizzo degli animali sui set cinematografici. In qualsiasi contesto cerca sempre di entrare in sintonia con il mondo locale. Per farlo al meglio impara e parla ben 7 lingue, tra cui il mandarino.
L’anno spartiacque per lei è sicuramente il 1960, dove in Nevada, durante le riprese de Gli Spostati, con Marlyn Monroe, conosce lo scrittore e sceneggiatore del film, Arthur Miller. Una conoscenza che si trasforma in amore e da cui nascono due figli. Nel Connecticut, in un ex fattoria di Roxbury, riconvertita in appartamento, con atelier di pittura, camera oscura e deposito, la coppia trova l’angolo di pace ideale, dove trascorrere insieme la restante parte della vita insieme: 40 anni, fino alla morte della Morath sopraggiunta nel 2002. La mostra presenta un inframezzo espositivo che stacca nettamente dal percorso, con i manifesti di alcune delle sue numerose esposizioni nel mondo.
Tra le perle somministrate nella mostra, c’è da segnalare un autoritratto del 1958, abbinato ad un altro scatto con riportata una pianta secca appoggiata alla stessa foto del “58. Dove il suo viso è quasi completamente nascosto dalla pianta senza vita, e i suoi ci osservano oltre i confini del tempo. La mostra si è resa materialmente possibile, oltre che che grazie al curatore Marco Minuz, ai coniugi Kurt e Brigitte Bluml-Kaindl, fotografi conosciuti da Morath e Miller all’inizio degli anni “90 e da lì divenuti amici inseparabili, oltre che testimoni dei loro viaggi professionali. Il profondo e sincero legame intessuto in vita dalle due coppie, ha fatto sì che la famiglia della Morath, alla sua morte, chiedesse ai Kaindle di catalogare le opere realizzate da Inge. Oggi sono loro a promuovere nel mondo il talento di una donna capace di rompere gli schemi.
Info
Martedì-domenica ore 10.00-18.00
*Solo per la mostra, ingresso consentito anche in orario serale
*Ingresso serale alla mostra
Lunedì / Domenica, ore 18.00-22.00
Ingresso da Corso di Porta Ticinese, 95
€ 10 ingresso alla mostra e consumazione al Chiostro Bistrot
Per l’accesso di persone disabili o con problemi di deambulazione in orario di apertura serale si consiglia di avvisare preventivamente il Museo o di segnalarlo in loco al personale presente