Gaetano Orazio, una vita nella natura alla ricerca delle origini 🎙️

Quando l’arte non riveste una necessità, ma piuttosto desiderio di scoprire la propria essenza, di dare un senso profondo alla vicenda esistenziale personale, significa che nasce da una vocazione talmente pura e naturale, che forse ha la dignità di essere categorizzata come qualcos’altro rispetto al concetto di arte solitamente inteso. Senza chiaramente con questo togliere qualcosa alla declinazione più commerciale del termine, che ad ogni modo Gaetano Orazio (1954) sembra rifuggire almeno in parte. Nato ad Angri (SA), dopo essere emigrato da giovane nella periferia milanese, ha lavorato per oltre 40 anni – fin da ragazzo – in fabbrica, ed è nelle pesanti ore di lavoro che ha maturato la necessità quasi spasmodica di scoprire un senso nel suo essere – come una missione interiore – ed individuandone il suo contesto ideale fin da subito nella natura.

“Fin da ragazzo, dopo la fatica e lo stress del lavoro, cercavo di trovare sollievo immergendomi nella natura che la periferia nord-est milanese all’epoca era ancora in grado di offrire – racconta Gaetano – fino ai primi anni “90 questo è stato il mio principale contesto d’ispirazione. In parallelo si è sviluppata anche la mia idea di poesia: tutt’altra cosa dai lunghi testi che siamo abituati a pensare, ma piuttosto definibile come una sintesi delle mie meditazioni. In fabbrica mi appuntavo degli spunti per la pittura che potevo coltivare solo alla sera, e in quelle note sono nati i miei componimenti: tra i due è quindi sorto un legame da subito molto stretto e naturale, quasi inscindibile.

Dai primi anni “90 (e fino al 2010 circa), scoprendo le montagne lecchesi, è nata quella che più che passione, definirei un’ossessione, per la salamandra. Un’entità che mi ha sempre affascinato, anche per la sua origine primordiale: questo animaletto amante del sottobosco ha visto scomparire i dinosauri e comparire gli uomini sulla Terra. Una creatura che è facile incontrare nei pressi del Rio Toscio, torrente poetico che nasce dalle piene del Segrino e scorre accanto al Monastero di San Pietro al Monte a Civate. È stato dal suo incontro che ho compreso ancora più a fondo l’importanza di trovare un senso alla mia carne, e l’ho per questo omaggiato con alcune delle mie serie. In questo scenario, un pò solitario e appartato, come piace a me, in questa lunga fase ho instaurato un rapporto intimo e speciale con la natura. Immergevo le tele nell’acqua del Rio Toscio e lasciavo che fosse lei a suggerirmi come e cosa dover dipingere, sempre comunque con lo stile informale che mi ha sempre contraddistinto”.

La sua ricerca poetica personale si è arricchita negli anni da serie in cui Gaetano immortala i protagonisti della natura boschiva delle alture lecchesi, per lui assurta nel frattempo a paradiso della mente e in cui riconoscere i segni della sua missione terrena. Pettirossi, libellule, farfalle, e i “trovanti”: prestito del poeta ottocentesco Antonio Stoppani che indicava così i massi erratici, l’artista riunisce in questa parola l’immagine delle castagne d’acqua che riempiono il corso del “suo” torrente, con quella proprio dei massi erratici, tipicità geologica della zona. Così Gaetano inizia a dipingere i trovanti, che a questo punto, ancora più della salamandra, comprende poter rappresentare con maggior chiarezza quella sua essenza che cercava da una vita, ma che non sa ancora dove rintracciare nella realtà. E nel 2018 anche questo passaggio si è svelato.

“Un giorno, in macchina sulla superstrada di Lecco mia moglie mi fa notare un’ombra su un punto della montagna perpendicolare al torrente. Per me quel momento è stato come risolvere una ricerca interiore che portavo in me da tantissimo tempo. Non ho la presunzione di aver risolto tutti i miei dubbi sulla mia natura, anche perchè finché siamo qui c’è sempre qualcosa da integrare, ma certo ne ho scoperta una grossa fetta. È come aver disvelato quel fanciullino, quel daimon spirituale che accompagna i greci fin dalla nascita. Quel qualcosa di illuminante, come le antiche raffigurazioni delle caverne che abbiamo nel nostro immaginario comune. E tra parentesi, nei miei dipinti c’è più di qualcosa che rimanda a quell’arte preistorica delle caverne”. Anche se solo in parte, Gaetano ha soddisfatto così, con un tour di mostre partito nel 2019 sul territorio lombardo per spiegare il significato del trovante, la sua costante sete di domande esistenziali. Domande che partono dalla meditazione che se ai tempi del lavoro nasceva direttamente in fabbrica – il suo spazio di riflessione personale di allora – oggi più spesso prendono forma ad esempio nei suoi dormiveglia, creando il presupposto della sua arte, lirica e riservata. In altre parole, naturale.

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