È proprio vero che le meraviglie artistiche del belpaese non conoscono limiti geografici, nemmeno di altitudine. C’è un esempio naturale che conferma questa impressione nel basso lecchese. Inserito in un paesaggio prealpino di grande pregio, ai piedi del Monte Resegone, il comune di Morterone, il meno popolato d’Italia con i suoi 30 abitanti, ospita uno dei musei a cielo aperto più caratteristici e incontaminati della nostra penisola. L’idea di costituire una collezione permanente in connessione con questa cornice di chiaro valore paesistico, risale alla metà degli anni “80 per volontà dell’Associazione Culturale Amici del Morterone, con il benestare anche dei pochi abitanti che hanno scelto questa realtà davvero unica della Valsassina, le cui pareti delle abitazioni si sono trasformate in più casi in supporti delle stesse lavorazioni.
Partendo dalle riflessioni del poeta locale Carlo Invernizzi (1932-2018), e in concerto con la famiglia, ha preso quindi vita un progetto espositivo anticonvenzionale – anche per la concezione dei tradizionali e sempre più ricorrenti parchi sculture – che nel corso dei decenni ha visto nascere sul verde e ridente paesaggio che riveste il borgo minimale, una trentina di opere, create e pensate in stretta simbiosi con il territorio in cui sono installate, tutte da vivere e contemplare come in un museo canonico, da gustare facendo quattro passi in un itinerario davvero gradevole nella bella stagione. Gli autori delle opere in situ sono artisti italiani ed europei, espressione di un’arte di matrice contemporanea, che hanno lasciato un segno – in alcuni casi anche più di uno – del loro passaggio attraverso la posa di lavori installativi e pitture murali, che spuntano nella natura, ma anche ad ornamento di edifici privati e pubblici. Mentre il municipio negli anni ha accolto le opere non esponibili in esterno, e che nel 2021 si apprestano ad entrare nella Casa dell’Arte, l’anello mancante di un progetto di qualità e si può dire senza modelli.

Nelle varie località in cui si articola questo paese atipico, si trovano disseminate installazioni che sono espressioni del principio fondante e vitale della poetica di Invernizzi, la Natura Naturans, che diverge dalla più utilizzata filosofia installativa del site specific, in quanto il dialogo instaurato dalle creazioni dell’uomo con l’ambiente qui è visibile e palpabile in maniera ancora più forte e tangibile. Appena entrati in questo limbo magico, dopo gli aspri tornanti della SP 63, si può varcarne idealmente la soglia osservando la porta dall’insolita fattura e dall’equilibrio apparentemente precario di Igino Legnaghi, che ci accoglie in questa oasi di pace alle pendici delle prealpi lecchesi. Ma già poco oltre, in località Bosco, le Forme perdute di Mauro Staccioli, così come i suoi Tondi vacillanti in ferrocemento posizionati su un declivio a Pra de l’Ort, ci raccontano bene e in maniera esemplare lo spirito della raccolta permanente, con le opere capaci di stringere un autentico connubio lirico con la vegetazione montana. In molti casi i manufatti si delineano come ulteriori attestazioni che rafforzano le ricerche ultradecennali da parte di artisti anche affermati. Vale per le geometrie alternative distanti dalla concezione euclidea, proposte da Carlo Ciussi e sparse per buona parte del territorio di Morterone, come per i tondi rossi che rappresentano il punto fermo irremovibile del filone analitico di Pino Pinelli.

E come non fermarsi allora, a contemplare il “wall drawing” Disegno per le montagne, per la volta della chiesina locale, di David Tremlett, con il suo solo apparente contrasto tra il rigore delle geometriche campiture grigie e quelle dai toni caldi, e la casualità naturale che la circonda. Ma quello che sembrerebbe forse più impensabile trovare in questo luogo di pace, deriva dalle testimonianze artistiche di rappresentanti di collettivi che hanno fatto la storia dell’arte del Novecento italiana e non solo, quali si presentano Gianni Colombo e Grazia Varisco, storici esponenti del milanese Gruppo T. Ma per capire la versatilità delle opere apprezzabili, qui c’è modo di respirare anche forme d’arte più consone ad una fruizione notturna, e prova brillante ne sono le idee luminose di Michel Verjux e François Morellet, a riempire di senso una casa “rivalutata” dal potere della luce artificiale.

L’allestimento è costantemente in progress, sempre aperto ad abbracciare idee, pensieri e opere creative, di autori che vogliano lasciare impressa una traccia poetica sui dolci versanti di questo incredibile ambiente invaso da una natura dolce. E lo stretto legame tra arte e contesto spiega perchè negli anni siano stati accolti diversi nomi che con questi pendii hanno instaurato un rapporto speciale. Ed essendo un museo a cielo aperto e senza confini, il suo percorso è visitabile in qualsiasi stagione dell’anno e senza vincoli di orari.
Questi i nomi che ad oggi hanno preso parte al progetto con opere installate in esterno: Gianni Asdrubali, Francesco Candeloro, Nicola Carrino, Lucilla Catania, Carlo Ciussi, Gianni Colombo, Igino Legnaghi, François Morellet, Pino Pinelli, Bruno Querci, Ulrich Rückriem, Nelio Sonego, Mauro Staccioli, Niele Toroni, David Tremlett, Grazia Varisco, Michel Verjux e Rudi Wach.
Foto nell’articolo: Crediti MACA Museo d’Arte Contemporanea all’aperto di Morterone.