Riletture della catastrofe che colgono spunti difficili da vedere, in un momento in cui questo termine è per molti sinonimo di un solo concetto, che proprio in questi mesi sembra dare una parvenza di tregua. È un’indagine “multifocale”, non banale, il fulcro delle ricerche dei sei artisti (o gruppi) selezionati per la quinta edizione di V_AiR Art in Residence 2021, dal sottotitolo Dialoghi con la catastrofe, su iniziativa del Museo MUST di Vimercate e dell’Assessorato alla Cultura del comune. L’esito della residenza di tre settimane concluse nei giorni scorsi, come ogni anno è visibile negli spazi della storica cornice di Villa Sottocasa, in una mostra, inaugurata sabato 17 luglio, che corre parallela alla collezione permanente, negli orari di apertura del museo civico del territorio, fino al 3 ottobre.
La catastrofe è il pretesto per rilanciarsi verso un nuovo futuro, si spera migliore, riprogettare il proprio rapporto con spazi e tempi, in sintonia o distonia, ma è molto altro. Ricordare una catastrofe per qualcuno come Irene Dionisio (Torino, 1986) può voler dire rievocarla con un’azione sonora… Da togliere il fiato, che raccoglie audiotestimonianze di cittadini vimercatesi riconnesse ai “loro” luoghi pubblici, in un tappeto sonoro che intende stimolare la memoria di questi punti di riferimento cittadini, a cominciare dal leggendario Ponte di San Rocco. Il lascito dell’artista, filmmaker e artista, è un vinile di raccolta di questa memoria spaziale e affettiva. Con Microscopic Power: zoom in an invisible Reality, l’analisi della catastrofe viene dirottata sulla biopolitica legata al cibo, attraverso un progetto fotografico e installativo dell’indonesiano Haryo Hutomo (1990), che invita a guardare la pluralità di mondi, vite, batteri e cellule che coesiste intorno agli alimenti. Un modo per interrogarsi e darsi delle risposte consapevoli sui comportamenti odierni di sfruttamento delle forme di vita, legate al mangiare e al consumo.
Haryo Hutomo Smirna Kulenović
I Tarocchi del desiderio postcapitalistico della serba Smirna Kulenović (1994), performer e new media artist, esplorano la coabitazione dello spazio pubblico tra forme di vita umane e non umane, utilizzando come pretesto il Torrente Molgora e le specie che lo abitano, messe in rapporto con inediti linguaggi che focalizzano l’attenzione su altrettanto inedite relazioni. In questa costruzione di nuovi metodi di cammino sul Molgora, l’artista si è avvalsa del supporto di 9 studenti del Liceo Artistico Einstein di Vimercate. Il risultato finale è un oracolo, che, come i tarocchi, non risponde in modo diretto alle domande sul futuro. Generando piuttosto un’atmosfera immersiva “cyborg-sciamanica”, nella quale natura, cultura e tecnologia si intrecciano e coesistono attraverso l’interazione umana. Users’ guide for Planeth Earth, dell’italiano Ruggero Franceschini e della francese Zelda Soussan, è un’indagine sulla possibilità dello spazio pubblico di divenire bene comune insieme a coloro che lo abitano e se ne prendono cura, attraverso responsabilità condivise e la reimmaginazione della vita quotidiana. Il lavoro si articola in 12 performance site specific, arricchita dai dialoghi con un botanico, un archeologo, giardinieri, autorità idriche locali, un esperto di depurazione, un apicoltore, un riparatore di biciclette, ex-lavoratori IBM e venditori di fiori. Da questo step nasce una serie di cartoline della Vimercate tropicalizzata del 2041 che verranno distribuite nei dintorni di Vimercate o per posta. Un dialogo presente che stimola riflessioni sul futuro.

In Pasithea l’arte socialmente impegnata della cinoamericana Lena Chen e Cristina Södeström diventa invece un’azione tradotta in performance, per interrompere l’attività commerciale del centro cittadino attraverso atti di meditazione pubblica e sonno, dove il riposo viene utilizzato per fortificarsi spiritualmente. In parallelo alla performance, insieme a Michael Neumann, Lena Chen si è messa alla prova in un’installazione site-specific, Riposo, collocata nelle tre settimane di residenza in Piazza Roma, attorniata da banche, ristoranti e spazi del commercio. L’installazione altro non è che un’amaca che esplora il rilassamento come antidoto politicamente sovversivo al corrente sistema di iper-produzione, attraverso la riproduzione sul suo tessuto del contesto architettonico della piazza che la ospita.
L’ultima declinazione dei dialoghi con la catastrofe è Wish we could all live in beautiful villas di Silvia Amancei e Bogdan Armanu, che è parte del percorso di ricerca artistica di SABA Unlovable Prospects. Copioni, sceneggiature e storie. Lo sguardo di SABA sul futuro, dove Silvia Amancei e Bogdan Armanu sperimentano strumenti artistici e narrativi che decostruiscono criticamente la configurazione attuale della vita e l’utopia di una futura giustizia sociale. Quattro pannelli, ispirati agli affreschi della Villa Sottocasa, ritraggono attraverso un collage multidimensionale la visione del presente, del passato e del futuro del collettivo rumeno, che affianca alle prospettive distopiche la rivendicazione della bellezza come bene comune. Una visione figlia dell’inevitabile scorrere del tempo e del sogno irrealizzabile di poter vivere tutti in ville bellissime, e invece… eccoci tutti immobilizzati nello spazio. Visioni alternative alla narrazione a senso unico, che ci aprono gli occhi di fronte alla miopia dilagante che vede la pandemia come unica preoccupazione del momento.
Lena Chen e Michael Neumann Silvia Amancei e Bogdan Armanu