Completamento ideale e armonioso dell’attigua villa seicentesca, il parco di Palazzo Arese Borromeo è la gemma pregiata che impreziosisce la magione di campagna cesanese.
Un’area verde ricca di importanti sedimenti storici e ben collegata, attraverso il percorso centrale longitudinale, con la “loggia alla genovese” di gusto barocco della villa, sul versante meridionale. Come per il corpo del palazzo, anche il giardino è frutto di un’idea di Giulio I Arese, che ha trovato poi compimento nella seconda metà del Seicento, sotto la proprietà del figlio di Giulio, Bartolomeo III Arese. L’ampiezza di 9 ettari e la forma rettangolare sono pressoché immutate fin dall’origine, così come la recinzione in ciottoli di fiume.

Uno dei cambiamenti più percebili nella configurazione tra i primi secoli e quella odierna è invece dato dall’abbattimento di un muro che divideva lo spazio verde in due zone. Il giardino oggi è aperto al pubblico, che può godere di gradevolissime passeggiate nella natura e all’ombra delle piante che lo adornano, grazie alle diverse attività di giardinaggio e artigianali che fin dai primi tempi ne consentivano la floridezza, e di un certo ordine tipico dei giardini all’italiana, sottolineato nella parte centrale, orlata da siepi di bosso che custodiscono ridenti aiuole dall’aria romantica.

L’ideazione del giardino è da attribuire a Francesco Maria Castelli da Castel San Pietro, cui si devono anche il Tempietto del Fauno – tra le architetture più interessanti dell’intero complesso, con la sua pianta a croce greca lobata –, il Serraglio dei Cervi, l’uccelliera oggi in stato vistosamente fatiscente e la Fontana del Mascherone (oggi non più in funzione), mentre il viale prospettico principale è scandito da statue in arenaria e in ceppo, che raffigurano soggetti storici, religiosi e mitologici, oltre a personificazioni di stagioni e di allegorie: da Lucrezia e Cleopatra a Giosuè e Giuditta, ad Afrodite ed Ercole, passando per le raffigurazioni dell’Estate e della Primavera, e le allegorie delle Virtù e dei Vizi.

Nella seconda metà del Settecento Carlo IV Arese realizza la Roggia Borromea che alimentava il prato irriguo, e un mulino, che costituiva un’importante opera idraulica per gestire i giochi d’acqua delle fontane. Per questo viene abbattuto il muro che divideva in due il giardino originariamente, con la redistribuzione delle sculture e l’integrazione di nuove. In fondo al parco, Carlo IV aggiunge anche la Fontana dei Dromedari, di gusto romano, sorvegliata da due cammelli in cesta e conclusa da un bacino d’acqua collegato ad una peschiera. Altro ritocco, Carlo IV fa arricchire il sistema di giardini con un viale di carpini e lo dissemina di tempietti in corrispondenza dei capolinea dei viali.
Nel periodo più buio del complesso la proprietà viene confiscata dal governo lombardo-veneto nel XIX secolo, subendo gravi danni nel suo assetto, oltre all’eliminazione di molte delle statue che ornavano la Fontana dei Dromedari. Scompaiono anche elementi di pregio quali i giochi d’acqua, le cui condutture vengono utilizzate per scopi bellici, anche se il suo aspetto delizioso, come si può apprezzare, ha retto fino a noi.