Una mostra che vuole sottolineare, in un raffronto artistico particolarmente ardito, la condizione di Julian Assange con quella vissuta in questo momento dai cittadini di tutto il mondo.
L’inaugurazione della rassegna di cui parliamo era in programma al Palazzo delle Esposizioni di Roma lunedì 11 maggio alle 18, e proprio in questi due mesi che avrebbero dovuto precederla è diventata di un’attualità drammatica che nessuno avrebbe mai potuto immaginare, portandoci a riflettere sulla condizione di reclusione e dell’impossibilità dell’incontro che ci accomuna indistintamente.
E così la Condizione Assange (questo il titolo della kermesse), descritta dai ritratti psicologici realizzati dall’artista concettuale greco Miltos Manetas dello stesso soggetto, che sappiamo da anni essere quella di isolamento, prima all’ambasciata ecuadoriana, poi con la detenzione nelle prigioni inglesi, per una pura coincidenza, è assimilabile allo stesso tipo di sentimento che proviamo oggi.
La riflessione che cerca di infondere l’esposizione intende soffermarsi quindi sull’analogia tra noi e un giornalista che per le informazioni rivelate sullo stato americano rischia la pena di morte. Il fine non secondo è quindi anche risaltare il sopruso subito dal personaggio, creatore del noto sito-contenitre di materiale governativo riservato WikiLeaks, che mettendo in circolazione nel 2010 una rassegna di centinaia di documenti statunitensi di carattere riservato, ha emesso una sorta di sentenza contro se stesso.
La mostra fisica non partirà neanche quando le disposizioni lo consentiranno, ma in compenso la porzione dedicata alla quarantina di ritratti di Assange, eseguiti nei primi mesi del 2020, resterà allestita, e sarà fruibile digitalmente sui canali social e digitali di Palazzo delle Esposizioni e il profilo instagram.com/condizioneassange creato appositamente dall’artista.