Il progetto di approfondimento del mondo egizio, aperto a marzo dal comune di Milano | Cultura, insieme a Palazzo Reale e al Museo Civico Archeologico non si ferma.
La “pausa” imposta dall’emergenza non ha cambiato il palinsesto della seconda mostra del ciclo di due (la prima al Palazzo Reale, Tutankhamon. Real Experience, è già stata inaugurata e aperta per qualche giorno prima dell’interruzione) che indagano gli aspetti più distintivi della civiltà egizia. Se il primo evento si è soffermato in particolare su tutto ciò che ruota attorno al rito della sepoltura, tirando in causa lo storico Corredo Busca, sarcofagi e corredi funerari, questo secondo atto al Museo Archeologico, Sotto il cielo di Nut. Egitto divino, mette sotto la lente piuttosto la concettuali e spiritualità egizie, attraverso l’analisi di più di 150 opere.
Reperti che provengono dalle istituzioni più accreditate sull’argomento, dalla collezione egizia del Civico Museo Archeologico di Milano e dalle più importanti raccolte egizie italiane (Museo Egizio di Torino, Museo Archeologico Nazionale di Firenze, Museo Civico Archeologico di Bologna, Civico Museo di Antichità “J.J.Winckelmann” di Trieste, Museo di Archeologia dell’Università di Pavia).
Il percorso è suddiviso in quattro sezioni che affrontano alcuni aspetti nodali del vivere la religione da parte degli egizi. La prima parte si concentra sull’origine degli dei, e parte dall’assunto che non esiste un unico mito della creazione. L’entità primordiale che precede la creazione è il Nun, che con la nascita del cosmo non scompare ma lo avvolge minacciandolo di continuo. Inoltre la creazione è concepita come un ciclo che si ripete ogni giorno. Dall’origine delle divinità si passa quindi alla seconda sezione sulle forme con cui esse si manifestano (antropomorfe, animali, ibride…).
Il terzo settore della mostra è dedicato alla pratica devozionale, con l’accento posto sulla magia, che nell’antico Egitto non aveva connotazione negativa. La quarta sezione si ricollega alla volontà comune agli egizi, di emulare Osiride, e quindi di trasformarsi in divinità una volta morti. Un percorso che, per essere ben compreso, si avvale di sculture in bronzo, pietra e faïence, rilievi votivi, sarcofagi, mummie ed elementi del corredo funerario che accompagnava il defunto nell’Aldilà. La mostra cerca quindi di spiegare una materia complicata e comunque inafferrabile, come la natura delle divinità egizie.