Il palinsesto 2020 dei Musei di Brescia rimane sicuramente invitante, anche al netto dei rinvii clamorosi per l’emergenza sanitaria già messi forzatamente in atto.
Su tutti svetta il ritorno, spostato a novembre, della statua della Vittoria Alata in città, dopo l’importante restauro che ha riguardato il simbolo di Brixia. Accanto all’attesa collocazione della scultura nella sua nuova sede, la cella orientale del capitolium, un altro evento da segnare è la mostra Raffaello: alle origini del mito. L’appuntamento, la cui inaugurazione è prevista il 2 ottobre al Museo di Santa Giulia – è concepito per essere un grande omaggio al genio rinascimentale a 500 anni dalla scomparsa.
La mostra, curata da Roberta D’Adda, testimonia la centralità come modello di riferimento dell’artista urbinate nell’arte e per il collezionismo, dal suo tempo fino all’Ottocento, con un’esplosione autentica di autori ispirati ai suoi lavori, anche meno noti, nella fase neoclassica e romantica. Secoli che hanno dato lustro quindi al prestigio dell’artista, attraverso le riproduzioni dei suoi “ammiratori”.

Il percorso comprende nella sua parte iniziale le incisioni uscite direttamente dalla bottega di Raffaello, come quelle realizzate dal suo fidato collaboratore, l’incisore al bulino Marcantonio Raimondi (1480-1534), tra cui si rilevano la Strage degli Innocenti e il Giudizio di Paride. Viene quindi dato spazio alle stampe di riproduzione, italiane ed europee, che si diffusero tra il Cinquecento e l’Ottocento ad opera dei più grandi artisti di questa disciplina, quali Ugo da Carpi, Giorgio Ghisi, Carlo Maratta, Francesco Rosaspina e Giovanni Volpato, con la straordinaria serie dei grandi fogli delle Stanze Vaticane e dei Pilastri delle Logge.
E in fondo alla mostra è impostata una sezione di opere del contesto bresciano, che evidenziano l’interesse qui sorto intorno a capolavori minori raffaelliani come L’Angelo o Il Redentore nella prima metà dell’Ottocento. Quadri poi rilevati da Paolo Tosio e oggi apprezzabili in Pinacoteca. Una mostra che celebra perciò un indiscusso mito artistico, mettendolo al centro attraverso i lavori dei suoi emulatori.