Alla Nuova Galleria Morone il fotoracconto della ‘rivolta femminista’ degli anni “70

Riflettere con documenti e materiale visivo sott’occhio, sul fenomeno femminista nelle sue declinazioni “a freddo” della seconda metà degli anni “70, qualche anno dopo i bollori e la foga dei primi movimenti. Un’opportunità offerta fino al 31 ottobre dalla Nuova Galleria Morone di Milano, che ha avuto il brillante merito di aver riunito in un unico evento espositivo, Gesti di rivolta. Arte, fotografia e femminismo a Milano 1975/1980 (a cura di Cristina Casero), alcune delle testimonianze più rare di esperienze che hanno visto protagoniste in questo scorcio artiste e fotografie, attraverso iniziative individuali, ma molto più spesso collettive.

Materiali che richiamano mostre, nel quinquennio sotto la lente divenute il simbolo di una lotta agli stereotipi maschilisti, che raramente ha assunto il significato di una vera protesta, mantenendosi molto più frequentemente su toni scanzonati, pungendo le coscienze ma senza esagerare. Il punto di partenza critico per comprendere bene l’allestimento è il Manifesto di Rivolta Femminile firmato nel “75 da Carla Accardi, Carla Lonzi ed Elvira Bonotti. Il loro documento contribuisce a dare forma al femminismo come corrente ideologica e fatto compiuto. La protesta fa comunque parte della storia di quegli anni, e Milano se lo ricorda bene, quel 1976, con la sete di parità di riconoscimenti riversata nelle piazze della città. Ad immortalare quei momenti indimenticabili, sono (anche) Liliana Barchiesi, Livia Sismondi e Marzia Malli. Nomi che fanno parte del Collettivo Donne Fotoreporter, uno dei tanti collettivi che animano la scena milanese in quegli anni di fuoco per la conquista di pari diritti (sono gli stessi anni della Legge sull’Aborto, 1978).

Gruppi che proliferano nelle fabbriche, nelle scuole e negli ambienti più impensabili, con il fine comune di cancellare l’immagine femminile relegata alla casa e alla famiglia, ma non solo. E il Collettivo Donne Fotoreporter, formato da 8 fotografe, è l’esperienza che forse meglio di tutte le altre sintetizza quell’approccio femminista che segna la seconda parte della decade. È infatti con un sottofondo scherzoso e naturalmente ironico che nel 1978, per esempio, il gruppo dà vita al lavoro “di squadra” Gesti e oggetti della casalinga, una composizione di immagini in cui le esponenti sono autoritratte nei panni di casalinghe, con lo scopo in realtà proprio di scacciare quel tipo di immaginario. La riflessione sull’identità mantiene un alone di autoironia nell’Odalisca di Libera Mazzoleni, una forma divertente di riappropriazione del corpo femminile nei confronti della cultura maschilista, che avviene mediante un mosaico fotografico che unisce le parti del corpo dell’autrice, e con un riferimento neanche troppo velato alla tradizione dell’artista romantico Ingres.

Marcella Campagnano, L’invenzione del femminile: RUOLI (1974)

A proposito di composizioni seriali, quella di Marcella Campagnano, femminista quasi per definizione, ne L’invenzione del femminile: RUOLI, è certamente una delle immagini più impattanti, con otto file di donne che ad ogni riquadro cambiano abito mantenendo inalterata l’identità. Insomma, produzioni dal messaggio chiaro e dalla visione leggera che mette d’accordo militanti e non, chi agisce collettivamente e chi individualmente. Già, perchè Antonia Mulas, che in quegli anni realizza servizi fotografici di moda e architettura nel mondo collaborando con figure del calibro di Arnaldo Pomodoro e Fausto Melotti, non disdegna una modalità di azione autonoma, portata avanti con uno sguardo originale e alternativo. La testimonianza è nel suo reportage intenso sul Muro di Berlino del 1976, in cui esce dalla classica visione femminista del tempo, ma anche nella serie San Pietro del 1979, dove immortala la monumentale Basilica vaticana con uno sguardo di donna, ammettendolo e sottoscrivendolo nel volume edito da Einaudi che spiega l’eccezionalità del progetto.

Ma ad ogni passo nella galleria di via Nerino si presenta uno stimolo ad indagare la vicenda di quella foto o di quel vestito. Già, perchè anche i vestiti possono raccontare molto, scoprirete voi stessi perchè. A coronamento di tutto il percorso, c’è un video-documentario prodotto da MemoMI, la web tv che fa luce sui tesori di Milano, raccontando la città che non c’è più, in cui l’attivista, giornalista e saggista Lea Melandri entra nelle pieghe di quegli anni complessi, contestualizzando lo sfondo storico e sociale della mostra. 
L’evento è organizzato in collaborazione con enciclopediadelledonne.it, editrice del libro-catalogo della mostra (dal 3 settembre disponibile anche in tutte le librerie).

*Ogni mercoledì la Galleria organizza live in diretta sui propri canali social con alcune delle artiste presenti in mostra per esplorare l’allestimento.

Artiste presenti:
Gabriella Benedini, Diane Bond, Marcella Campagnano, Carla Cerati, Mercedes Cuman, Amalia Del Ponte, Fernanda Fedi, Marzia Malli, Paola Mattioli, Libera Mazzoleni, Maria Teresa Meneghini, Elisabeth Scherffig, Silvia Truppi e Collettivo Donne Fotoreporter (Liliana Barchiesi, Kitti Bolognesi, Giovanna Calvenzi, Marisa Chiodo, Marzia Malli, Laura Rizzi, Livia Sismondi).

La mostra è inserita all’interno del programma Palinsesto 2020 “I talenti delle donne” dedicato al protagonismo delle donne nella cultura e nel pensiero creativo, promosso e coordinato da Comune di Milano|Cultura.

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