Gallery Sweet Gallery, il tempio primaverile dell’arte vivente

Quello dei parchi sculture è un fenomeno che nel panorama brianteo ha assunto in anni recenti le caratteristiche di una vera tendenza raffinata, omaggio agli antichi greci, che per primi nella storia si sono cimentati in questo valido connubio poetico.

Musei all’aperto: il “caso particolare” a Mariano Comense
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Per fare qualche riferimento, Villa Mariani d’Adda a Galgiana di Casatenovo, rispecchia anche per la posizione privilegiata situata su una rilassante terrazza verde, un valido esempio di questo filone estetico, ripreso anche nel Rinascimento. Su questo versante non latitano però declinazioni un pò rivisitate, per così dire, del classico sito con raccolta permanente, che hanno immancabilmente attirato l’occhio pubblico. Esperienze dotate di manifesta capacità di intessere relazioni armoniose tra il verde naturale del contesto ospitante e la creatività artistica dei profili “in corsa”. Come quella che a Mariano Comense, in un angolo verde e tranquillo dell’alta Brianza e della sua tipica brughiera, dall’intesa tra il Comune e l’associazione Amici dei Musei della Città di Cantù, dal 2015 trova una forma di gusto elegante nella manifestazione biennale Gallery Sweet Gallery Outdoor.

Parliamo di un paradigma ideale di quel filone espositivo che va sotto il nome di Art in Nature, che a fine primavera “fiorisce” per alcune settimane in un lembo di terra appartato del paese. Ideato e curato da Elena Isella, l’impianto del concorso consolidatosi nelle prime edizioni della Biennale chiama gli autori selezionati tramite bando a interagire con un’area espositiva di pregio paesaggistico, tra via del Ciocchino e via Segantini, che dispone di un grande prato e un caratteristico roccolo, spunto interessante tra l’altro per legare le opere anche al tema animale. Una sfida che, quasi naturalmente, è stata presa al balzo da diversi artisti. Un’installazione solitamente di dimensioni maggiori fa quindi da traino alla kermesse, e se si vuole, da immagine simbolo dell’edizione in corso. Nel 2019 la tedesca Antje Stehn ha racchiuso in modo monumentale nella Capanna dell’artista realista terminale, in legno di nocciolo, bambù, fibre di cocco, fibre di palme cinesi, crine di cavallo, juta e rete di ferro, il simbolo della natura che l’artista realista in effetti dovrebbe amare per definizione. Passandoli in rassegna, si scorgono innumerevoli argomenti toccati nelle varie Biennali dai partecipanti, anche di rilievo internazionale, utilizzando i materiali più disparati, dal cemento al legno fino agli elementi naturali. Scelte valorizzate da una collocazione site specific studiata con cura durante la fase di selezione insieme agli artisti, nel passaggio dallo step progettuale a quello realizzativo.

Immagini indelebili dell’irripetibile connubio natura-arte
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Le prospettive e le letture quindi emerse si sono rivelate inaspettate per la loro quasi spontanea capacità di relazionarsi con il luogo. Il tradizionale ruolo dell’uomo guastatore della natura viene così accantonato a sorpresa da Filippo Borella, che nel suo Riposapasseri del 2017 ci mette di fronte ad una sorta di “rovescio” dello spaventapasseri, trasformato in oggetto all’insegna del servizio a beneficio dei volatili, che in questo piccolo paradiso possono addirittura allietare i loro piccoli padiglioni ascoltando della musica. E per ricordare come un discreto angolo di Brianza abbia riscosso riscontri autorevoli oltre i confini dell’Italia, Jean Mégier, esponente francese che ama fondere la pratica pittorica con la sinfonia del violino, altra sua grande passione, legando gli elementi comuni ai due campi (ritmo, armonia, ma anche silenzio), nel 2019 ha portato nel suo prorompente Incontro: Omphalos dei veri e propri stendardi riempiendoli con le anime dei ritratti che è solito raffigurare, marcate con i colori primari, che si sposano a meraviglia con la natura del luogo.

Installazioni che in qualche caso, sullo stile dei modelli di Land Art di Giuliano Mauri, essendo fatte di elementi naturali, vivono in relazione e in evoluzione con il tempo e gli eventi atmosferici: vale per Erigeron (2017) di Daniele Carpi, destinata a venire invasa da rampicanti e della vegetazione del luogo. Alcune creazioni rivelano riflessioni e simbologie di grande profondità, che si concretizzano in realizzazioni di forte impatto visivo, come quella della giussanese Emanuela Bizzozzero, Ogni volta che muoio (2019), un inno alla trasformazione e alla rinascita del corpo una volta giunta la morte, evocata da fiori di campo. 

Enrico Cazzaniga, White Horse Larius (2015)
Il contagio della bellezza a cielo aperto: le intese con attori inattesi
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Oltre poi a coinvolgere – quasi d’obbligo – svariati artisti comaschi, incuriositi dall’evento “sotto casa”, l’iniziativa si è aperta nel tempo alle scuole, scese in campo per proporre le loro “opere collettive” open air. Non solo quelle dei gradi inferiori, ma anche istituti agrari, come quello della Fondazione Minoprio di Vertemate con Minoprio. Senza dimenticare l’adesione al progetto delle associazioni più vicine al mondo dell’arte, come l’associazione monzese di Urban Knitting, Sul filo dell’arte, realtà al femminile che lavora ordinariamente con sculture tessili, che nella natura trovano una sinergia particolare. Un calendario di eventi collaterali per scoprire le installazioni a cielo aperto tramite visite guidate e non solo, completa l’offerta di un’idea che è un unicum non solo in Brianza. Il seguito ottenuto dalle prime edizioni della rassegna ha quindi portato un’attenzione speciale in questo territorio per tutelare in modo alternativo porzioni di ambiente attraverso l’arte pubblica, e farne una piacevole consuetudine.

Foto nell’articolo: Crediti Gallery Sweet Gallery Outdoor

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