Enrico Cazzaniga, ‘dalla strada’ all’arte per tutti

La strada come perenne spunto di partenza con cui esaminare, armato di un linguaggio chiaro e accessibile, progetti di carattere solidale ed ecologico, con una funzione espressamente riflessiva, quando non direttamente educativa. Da fine anni “90 il codice compositivo di Enrico Cazzaniga non può fare a meno di avvalersi di operazioni a forte trazione sociale che tradiscono una spiccata sensibilità di fondo, con l’obiettivo di smuovere le coscienze più dure, obbligandole a rivolgersi al mondo con occhi diversi, nuovi. Con questo fine l’artista cabiatese riscrive a modo suo la gerarchia dei colori, ridotti ad una gamma essenziale ma esaustiva, basata su una sostanziale bicromia, e una filosofia fine e concettualmente calibrata della sottrazione, che va coraggiosamente controcorrente alla ridondanza mediatica assillante. Il tutto passando da un filtro caustico che disconosce paradigmi quotati di riferimento nella storia dell’arte: quello corrosivo della candeggina, in possesso del potere magico di cancellare chimicamente l’anima più gentile della carta bituminosa – in concerto con l’azione scurente invece del pirografo, leggera o invadente – quanto quella più resistente di un tessuto coriaceo come il fustagno.

Malgrado la nomea di potenziale reagente pericoloso, la candeggina sembra avere insita una prerogativa magica, di segno inconfondibilmente positivo, ossia quella di tradursi in luce al contatto con una superficie. “Di fronte alle sfide sottoposte dall’ambiente metaforicamente imprevedibile della strada, credo di non essermi mai sottratto alla sperimentazione in questo campo, declinandolo di volta in volta in soluzioni spiazzanti e contraddittorie. Come l’idea di trasferire il piano tradizionale dell’asfalto, da orizzontale a verticale, utilizzando basi di asfalto a mo’ di tele, o cospargendo di bitume e inerte il fuoristrada con cui ho percorso decine di migliaia di chilometri. Ribaltando quindi la consueta relazione fra i due elementi, per un’installazione atipica che dal 2009 ha girato svariate location della Brianza e non solo, “esibendosi” anche al Padiglione Italia di Torino nel 2011. L’ultimo “posteggio” in ordine di tempo, è la virtuosa ecofrazione di Baggero a Merone. Il motore di ogni mio intervento artistico deriva da un atteggiamento per natura mai inerte di fronte a fatti e situazioni che vivo. Come la visione nel 2004, del fresco teatro di guerra serbo reduce dai bombardamenti della NATO, che mi indusse, una volta tornato dal soggiorno, ad ampliare il raggio di ricerca per fare uno studio più approfondito sui contesti abbandonati”.

Scopre così che anche senza andare troppo lontano, a pochi passi da casa, in Brianza, esistono luoghi desolati vessati dall’ombra di un passato drammatico. Basti considerare il territorio ancora ostaggio del disastro della diossina di Seveso. E pur avendo vissuto per un periodo significativo in Inghilterra, nello Wiltshire, è praticamente dietro casa che da qualche anno ha trovato modo di sposare una causa nobile a sostegno di bambini e ragazzi vessati da situazioni di vita molto complesse ed estrema instabilità familiare, inseriti nelle comunità terapeutiche di Casnate con Bernate e Tavernerio, in uno scenario paesaggistico di pregio assoluto sublimato anche dal fascino e dalla storia della residenza, Villa Plinia, entrambe gestite dalla Fondazione Rosa dei Venti. Laboratori all’insegna della manualità sono una delle panacee naturali per farli evadere per qualche momento da una realtà altrimenti opprimente. Ma anche workshop ambientalisti, come Autolavaggio Plinia inscenato da Clerici Auto di Tavernerio, in cui far comprendere ai ragazzi della Fondazione la “forza ecologica” dell’acqua, lavando via le scritte con le loro definizioni personali di inquinamento.

Il FuoriStrada di Enrico Cazzaniga al Museum of Wood Riva 1920 di Cantù (2015)

Le ultime idee di Enrico vanno ancora in questa direzione. Cominciando da quella di un parco dalla vocazione aperta: “Per Tutti”. “Da mesi sto sondando la possibilità di realizzare un parco con un tipo di fruibilità fortemente inclusiva per bambini, che elimini le barriere architettoniche e quelle ideali fra piccoli utenti con possibilità fisiche diverse. Ufficialmente se ne parla sui media da pochi mesi, ma a dire il vero ci sto lavorando da cinque anni. Vorrei creare un luogo dove sia i bambini meno abili che quelli normodotati possano giocare insieme e dove lo sviluppo fisico, creativo, sociale ed educativo dei nostri figli possa ampliarsi. Un valore aggiunto fondamentale è che ad occuparsi della loro progettazione e realizzazione siano le eccellenze del nostro territorio, dai falegnami ai fabbri ai tornitori, passando per architetti, artisti e ingegneri, che saranno tutelati poi per quanto riguarda i costi, e dal fatto che ogni gioco avrà targhetta, logo e QR Code associato per risalire all’autore o agli autori. La scritta Per Tutti, verrebbe tradotta ed esposta in tutte le oltre 90 lingue del mondo, più il dialetto locale. Il luogo deputato potrebbe ricadere su giardini pubblici, parchi pubblici, parchi tematici, Musei, Scuole, Fiere, Fondazioni, Centri commerciali e qualunque luogo possa essere frequentato dai bambini. Esistono già realtà simili (all’Hyde Park di Londra, al Diana Memorial Playground, ho avuto modo di apprezzarle, in Italia questo tipo di iniziative è ancora purtroppo poco sviluppata), che dispongono di particolari percorsi sensoriali e olfattivi, che già escono dall’immagine convenzionale di parco. In questi casi serve una grande forza di volontà e un’altrettanta comunione d’intenti per arrivare all’obiettivo”.

Enrico Cazzaniga con il docente referente del progetto Segnali Umani, Giulio Pace, e due studentesse che hanno preso parte all’esperienza

L’ultima operazione di Enrico, che coniuga “l’amore per la strada” e quello istintivo per il sociale, è un progetto pianificato in collaborazione con il Parco dell’Alto Milanese (che comprende i comuni di Busto Arsizio, Legnano e Castellanza), il Circolo Legambiente BustoVerde, e il Liceo Artistico Candiani di Busto, dalla forte impronta etico-ambientale, inaugurato il 5 giugno scorso. “L’idea alla base di questo workshop affrontato da una classe terza dell’istituto, trasformatosi poi in una vera e propria mostra all’aperto, è stata coniugare l’azione di raccolta dei rifiuti del parco con la logica nobile ed ecologica del riuso. Percui lo step preliminare, dopo una fase istruttiva sui significati dei vari cartelli stradali, ha previsto il recupero dei rifiuti in loco. È significativo che nonostante la regolare pulizia dell’area verde, abbiamo comunque trovato un ingente quantitativo di rifiuti di ogni genere, dalle classiche lattine e pacchetti di sigarette a quelli più ingombranti. Dopodiché abbiamo messo in moto la creatività per dar vita a dei Segnali Umani, con un linguaggio che come i segnali stradali fosse universale, costruendo segnali con una comunicazione figlia della società contemporanea”. È l’ennesima buona riuscita di un progetto a suo modo di impronta nuovamente stradale, in un polmone verde che serve una zona densamente abitata fra l’alto milanese e il basso varesotto, fungendo quindi da fondamentale valvola di sfogo. E non è detto non possa tramutarsi nella sede indicata per realizzare il sogno nel cassetto del parco Per Tutti.

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