La presa di coscienza del carico di fatalitĂ che porta con sĂ© qualsiasi scelta umana può avere la sua trasposizione visuale. Come immaginabile, non di immediata decifrazione. Il fantomatico “senno del poi” si presenta come un movimento interiore che, riverberato nell’inconscio, ci lascia ondeggiare in balìa del dubbio amletico della convenienza di una presa di posizione o della bontĂ di un’azione. Ciò si verifica non necessariamente solo quando da queste derivi una circostanza a nostro avviso spiacevole. Con una formazione da istituto d’arte, con indirizzo ebanista, perfezionata dal diploma di illustratore allo IED (Istituto Europeo di Design) di Milano, il besanese Moreno Rusconi (1975) dal 2016 traduce molto lucidamente – a dispetto della nube trasognata e alienata che riproduce – questo complesso meccanismo riflessivo che attraversa tutti senza distinzione e per tutta l’esistenza, solo con intensitĂ differenziate da un caso all’altro.
“Attraverso un’ottica che è per forza visionaria per il tipo di finalitĂ che mi impongo, l’approccio artistico che da qualche tempo prediligo si basa su una volontĂ di resa in immagine del pensiero ricorrente in ciascuno, di non aver fatto “la cosa giusta” – ci spiega Moreno – A metterci in questa condizione dubbiosa contribuisce essenzialmente il costante incontro con altri punti di vista, il contatto con realtĂ terze, che alimenta questo irreprimibile timore interiore, e che io risolvo sulla tela in entitĂ difficilmente categorizzabili. Può accadere che questa loro fragilitĂ congenita divampi nell’atto di levarsi una maschera animalesca, come ad interrogarsi sull’effettiva convenienza ad uscire da un percorso inopportunamente imboccato. Anche la pelle di questi esseri non ha un limite ben definito e appare molto piĂą estesa di quel che dovrebbe essere: è il risultato del suo mescolarsi con le esperienze che si vivono e del continuo contatto con nuove persone e realtĂ . Non a caso in un trittico di dimensioni monumentali ho inserito nella composizione una lamiera specchiante parzialmente dipinta centralmente, proprio per dar modo all’osservatore di provare la sensazione di apprezzare come si trasforma la percezione di sè al contatto con nuove situazioni a cui inevitabilmente il corso esistenziale ci espone”.

E a ricordarci che questo stato non risparmia proprio nessuno concorrono quelle sfere sparse apprezzabili sullo sfondo e non solo, altri micro-cosmi di altrettante persone che come noi vivono la medesima sorta di dramma misto a stupore esistenziale. Quei segni netti ben visibili che costellano la superficie simboleggiano le nostre esperienze di vita che non fanno che acuire questo ribollìo interiore per ‘ciò che sarebbe potuto essere’ “. Il forte paradosso di questa raffigurazione bicromatica, che trova la massima espressione probabilmente nei lavori introdotti nel titolo da Libero Cerbo (libero cervello), e che amplifica la dimensione irreale, si realizza nell’assoluta mancanza di soggetti puramente umani. Ma come si rende nel concreto questo meccanismo? “L’impronta visionaria viene rafforzata utilizzando una tecnica mista che crea piĂą strati e si serve di grafite, acrilici, inchiostro, e di un’emulsione di gesso e alcol per sciogliere le aree a grafite. Si forma così quella patina sensazionalizzante tipica della sostanza evanescente dei sogni. L’impostazione in bianco e nero invece annulla le diverse sfumature di vedute, anche minime, che ogni essere gioco forza ha rispetto a tutti i suoi simili sul mondo”.
In questo senso l’opera di Moreno sembra mettere in pratica per filo e per segno la teoria psicoanalitica freudiana dell’interpretazione dei sogni, secondo cui il sogno altro non sarebbe che la realizzazione allucinatoria durante il sonno, di un desiderio rimasto inappagato durante la vita diurna. Una visione che da una parte bilancia, anzi affossa – vista l’incisivitĂ del taglio quasi illustrativo conferito alle scene – l’idea piuttosto comune che l’incontro con l’altro fortifichi la propria personalitĂ . Quest’ottica sognatrice fra l’altro è talmente invadente nel modo di pensare di Moreno, da averlo spinto nel 2018 a inscenare una curiosa performance alla Fabbrica del Vapore di Milano, in cui la componente onirica è chiave per attirare gli occhi del pubblico. E il prossimo passo è dare alle stampe un albo illustrato che proponga in una raccolta organica i suoi lavori, presentati con un senso compiuto sia in modo indipendente che in relazione agli altri, come una storia a fumetti, così da rafforzare il suo punto di vista alienato sulla vita.