Scoprire l’arte di Eugenio Galli significa avventurarsi in una dimensione sincera, dove le negatività si dissolvono per lasciare campo aperto a sconfinate distese di serenità. Sta a chi osserva saper cogliere l’intento roseo di quest’operazione pulita. È un approccio puro, lontano da formalismi retorici che a volte il mercato impone, quello suggerito dall’artista seregnese, con un trascorso e una solida tradizione familiare nell’oreficeria, in cui ha avuto modo di cimentarsi manualmente per oltre vent’anni. A metà dei “90 in Eugenio s’insinua quindi decisa la volontà di prendere un sentiero diverso, di costruirsi qualcosa che possa sentire suo, avvertendo in sé un’attitudine maggiore a vendere emozioni. Una qualità che sente di aver sempre avuto dentro, ma che ha deciso di iniziare a coltivare seriamente solo in età matura.
Da qui trova senso il suo mettersi in proprio per esprimersi in un linguaggio personale, fortemente relazionale, sollecitato dall’estro seregnese, compianto Gianni Arde, che lo affianca inizialmente nell’espressione figurativa di stampo accademico, un figurativismo che Eugenio ha sempre coltivato, sin da bambino, e anche durante l’attività prevalente di orafo. Da questo riferimento, che gli apre le porte, oltre che del suo studio, della conoscenza di collezionisti, curatori e galleristi, nel tempo l’artista sa prendere le distanze a beneficio di un linguaggio d’impronta gradualmente indipendente. Con la stessa filosofia che non rende conto a nessuno, oggi esibisce un decalogo da tener a mente per chi si trova ad interagire con la sua arte. Uno spazio di riflessione dove trovano coerenza assunti che, condivisibili o meno, restituiscono l’idea di quanto l’artista creda nel tipo di strada perseguita.
Tra i punti di vista più interessanti non sfugge il ruolo giocato dall’osservatore, il vero protagonista della scena insieme all’opera. “Personalmente trovo fondamentale considerare al centro di ogni azione artistica l’osservatore, proprio in ragione della lettura soggettiva che ciascun’opera può offrire. L’artista è protagonista solo nel momento della creazione. Non è un caso se i miei lavori non presentano titoli identificativi, proprio per facilitare questo dialogo tra opera e fruitore senza condizionamenti, che in cuor mio spero sempre sia foriero di sensazioni positive e di gioia; e per lo stesso motivo non necessitano di intermediari che le spieghino. È un’arte universalmente spirituale, come se le emozioni fossero elettroni che ruotano attorno al nucleo spirituale”. Nascono così le prime serie che tendono all’indefinizione e dalla forte carica lirica, dove si nota un pennello educato e l’impronta delicata e cromaticamente ben dosata, nel fortunato nucleo dell’Elegia del Bianco, che se intesa nell’antica forma poetica latina, dal contenuto lamentoso, va in netta collisione con il fine gioioso proposto da Eugenio, rafforzando però dall’altro lato l’idea che ogni composizione si porti dietro un risvolto emozionale soggettivo.
“È un’arte universalmente spirituale, come se le emozioni fossero elettroni che ruotano attorno al nucleo spirituale“

Lontano dall’aver già esaurito le possibilità espressive nella sua rosa di soluzioni, l’artista si spinge ben presto e con padronanza su un terreno visuale più concreto, dando forma fra i vari esiti a interventi multimaterici differenziati dalla varietà degli effetti superficiali conferiti al supporto, che svariano dall’aspetto opaco al timbro lucido, passando per la resa satinata, interpretando così un ventaglio, naturalmente ristretto, di umane sensazioni. Le sue “creste” divengono protagoniste indiscusse delle Esplosioni che pungono l’emotività con il ricorso a tinte uniformi, a volte molto ardite, tra soluzioni interamente nere, bianche, quando non rosso “jaguar”. Proprio il bianco nella sua estrema semplicità continua a dire la sua nell’articolato schema compositivo astratto che Eugenio non tradisce mai, nei Bianco su bianco, anche qui attraverso una formula che ora si è fatta pure densa e pastosa. Mentre il filo conduttore poetico che muove le mani dell’artista si ritrova perfettamente riassunto nella sua visione idilliaca della trascendenza che lo identifica senza fraintendimenti, “una linea pittorico-scultorea dove non prendo alcuno spunto da elementi materiali, da immagini o elaborazioni mentali, ma è l’individuo in quanto essere spirituale a creare libero da qualsiasi interferenza”.
Una linea dove chiaramente prevale la parte del nostro inconscio, che interpreta liberamente, rispetto agli schemi imposti dalla logica, che ha trovato estimatori eccellenti in tutto il mondo, come racconta la presenza di sue ideazioni nelle collezioni di diversi siti culturali di interesse territoriale e internazionale: dal Museo Pio XI di Desio, per restare in Brianza, al M.I.M.A.C. Museo Internazionale Mariano d’Arte Contemporanea di Alessano (Lecce); al Museo Omeoart di Lione e al Museo Balatonfured di Budapest; senza dimenticare l’Istituto Italiano di Cultura de Il Cairo e il Sharjah Art Museum di Sharjah, negli Emirati Arabi. Altre ospitate a eventi espositivi di realtà di rilievo anche sociale, come gli appuntamenti allo spazio polifunzionale ChiAma Milano di Milly Moratti e presso la sede dell’associazione Pensare Oltre dell’ex etoile della Scala Elisabetta Armiato, ne certificano l’inserimento anche in un circuito potenzialmente ricco di referenze come quello meneghino. Perchè del resto, parafrasando il titolo di una delle sue personali in questi spazi in vista nel centro milanese, quella di Eugenio è un’arte che ti entra nell’anima. Una concezione versatile perchè adattabile a piani di visione anche ad effetto scenico d’arredo sorprendente, come accade per le tavole lignee impiegate a mo’ di stele con piedistallo in ferro, che esaltano in senso longitudinale la costante matericità delle opere interamente bianche; ancora più in simbiosi con l’ambiente circostante si stagliano perentorie nello spazio le strutture in acciaio Corten, dal motivo ondulato, a ricordarci con le loro tre dimensioni l’anima che le governa, e con il rosso ruggine, l’ineliminabile carico di vissuto che si portano dietro.