Correnti emozionali calde: gli intrecci da sogno di Paola Zeppi

Dal clima mite e disteso della costa marchigiana alla più caotica Brianza, mantenendo intatto quello sguardo per natura pronto a raccogliere tutti gli impulsi gradevoli che la quotidianità sa dispensare. Sa bene dove trovare linfa creativa, Paola Zeppi, monzese d’adozione da pochi anni e nativa di Fossombrone, una ridente cittadina delle colline della provincia di Pesaro-Urbino, dove già da piccola subisce la seduzione artistica del nonno Riccardo Parenti. Uno spirito girovago che dall’Argentina si è inoltrato alla scoperta della Somalia, prima di provare a fermare il suo avventuroso viaggio nel mondo nel centro Italia. Ma soprattutto, pittore realista cui Paola sa di dovere molto per aver imboccato questa via, anche se non subito. I ricordi di quella passione trasmessa a pochi anni di vita sono indelebili in lei, tanto da essere riaffiorati in un momento complicato, a spazzar via le nubi dalla prospettiva complessa di una crisi da superare a tutti i costi.

“Ho sempre amato tantissimo mio nonno, di un amore che definirei quasi reverenziale, tanto che al di fuori delle sue lezioni non mi azzardavo mai a dipingere, né da ragazzina scelsi scuole dal taglio artistico, perché non mi sentivo all’altezza. Qualche anno fa, invece, ho attraversato una profonda crisi personale, e quando ne sono uscita mi sono sentita dentro una carica nuova, che dovevo solo capire come veicolare. Un giorno, navigando in Internet, mi sono imbattuta nelle lezioni di Giorgio Michetti, e sembrandomi di rivedere mio nonno in lui, sentii come se mi fosse arrivato un messaggio dalle stelle. Ora posso dire che, grazie a questo percorso, sono diventata una tenace inseguitrice dell’autonomia e della libertà. Amo la natura e cerco di trasmettere la gioia che deriva dall’averne cura. L’astrazione è una forma spirituale di arte, quindi credo sia per questo che mi sono naturalmente spinta in questa direzione”.

Fondamentale nel suo esprimersi sempre con una gioia cromatica che ne ha fatto in brevissimo tempo un marchio di fabbrica distintivo, dove i rossi infuocati riflettono l’anima autentica e protesa in ogni caso al bello, è il luogo d’origine. Una dispensa a cielo aperto di tracce di storia, medievale e rinascimentale, residenza estiva dei Della Rovere, cosparsa di edifici ecclesiastici di gran pregio storico (la Chiesa di San Filippo Neri, solo per citarne una), ma anche molto altro. “Sono nata e cresciuta a Fossombrone, e proprio in questi giorni sono tornata a farci visita. Camminare oggi lungo le vie di questo antico centro romano mi ha fatto capire che certamente l’essere cresciuta lì mi ha dato l’importanza del senso della storia e delle tradizioni. Da sposata sono andata a vivere nella vicina Fano, lungo la costa adriatica, e l’aria di mare, quella distesa azzurra sempre presente davanti ai miei occhi, ha sicuramente lasciato un’altra impronta fondamentale dentro il mio sguardo”.

Ora Monza è la sua nuova casa, ma il passato sprizzava di troppe note briose per accantonarlo con un punto fermo, e allora oltre a ritornarci per brevi soggiorni, fin dal suo esordio artistico ha portato un tocco di quell’anima marina in tanti dei suoi lavori, puri pretesti per parlare di realtà leggere ed effervescenti, forse impossibili, ma che lei comunque nel suo piccolo vuole trasmettere. E con questo spirito, proprio nel cuore della Brianza si è inserita nella filiera di attività promosse dall’associazione Streetartpiu, un ciclone di idee creative che ha cambiato il modo di vedere alcuni spazi urbani in senso culturale, ma con il dinamismo che fa parte ormai del nostro tempo sfuggevole.

“La pandemia ha costretto tutti all’interno delle quattro mura domestiche, ma sicuramente per me è stata anche foriera di stimoli. Molti dei miei contatti devo dire che li hanno accolti, tanto da spingermi, una volta ‘tornati fuori’, a trovare il coraggio di avvicinarmi a quella vetrina che, appena sono arrivata a Monza, è stata ‘l’oggetto dei miei desideri’: il MiMuMo. Attraverso qualche amico sono quindi riuscita a conoscere Felice Terrabuio e devo dire che, sin da prima di subito, si è dimostrato con me accogliente e ricco di nuovi stimoli. Per una ‘forestiera’ non è cosa da poco, e questo privilegio mi accompagna da allora, sfidandomi a lavorare sempre meglio per riuscire a stupirlo. Secondo me Felice Terrabuio, con Streetartpiu, vuole contagiare la collettività con le emozioni e la vivacità intellettuale che l’arte sa donare, e lo fa attraverso – e qui cito il critico d’arte Vittorio Raschetti- ‘involucri di protezione messi a disposizione, perché l’arte si protegge solo offrendola in dono'”.

Paola Zeppi, Trataka (2021)

Ma il prolungarsi della pandemia, come per tanti artisti, si è rivelato per Paola un bacino propizio per rimettersi ancora di più in gioco. Così lei, senza variare gli strumenti di colore utilizzati, ha cercato di individuare una sua propria identità all’interno del supporto pittorico, come rispondendo ad una sorta di ‘insoddisfazione tecnica’, trovandovi una soluzione piuttosto ricercata. “Se ti devo dire la verità, questo passaggio è il frutto di un momento di rabbia: ero alla ricerca di un canale esclusivamente mio, era come se la tela così com’era non mi parlasse e allora ho preso un mio lavoro che non mi piaceva e… l’ho fatto a striscioline! Non sai che soddisfazione: tagliando, invece di distruggere, avevo la sensazione di essere finalmente sul punto di costruire. Come quando vai dallo psicanalista, perché ciò che sei in quel momento non ti fa star bene e allora ti fai in pezzi per ricostruirti da capo. Per rinascere in maniera del tutto inedita. Questa sensazione, l’alto valore del riciclo, il passato ed il presente… era come se il tutto mi si stesse concretizzando fra le mani, come se si stesse… intrecciando!

“Tagliando, invece di distruggere, avevo la sensazione di essere finalmente sul punto di costruire”.

Trama e ordito sostengono da sempre i tessuti in maniera salda, ma semplice. E in questo intreccio io ravvedo un ponte verso il futuro, che nasce dal passato, attraversa e rielabora il presente e si offre all’osservatore futuro in tutto il suo senso di apertura e condivisione. Alla maniera dello Spazialismo di Fontana, fra un incrocio e l’altro c’è aria, c’è immaginazione, c’è lo scorrere del tempo, e in virtù di questo ‘gioco’ ho chiamato le mie tele ‘rePlay’. Nei miei lavori precedenti ho sempre giocato molto con le linee ed i loro incastri, e fermi restando i miei accostamenti di colore, che credo siano parte sostanziale della mia firma, ora vedo il questa “evoluzione 3D” un passaggio inevitabile“.

E il futuro ribolle di progetti pronti a decollare. “Qui a Monza, per il 25 novembre 2021, assieme a Felice Terrabuio e a Rosella Fusi dell’associazione ARTI<>STA Monza sto organizzando una collettiva di beneficienza, per sostenere un’associazione locale che supporta le donne vittime di violenza. Tale iniziativa trova la sua origine due anni fa, a Fossombrone, quando ho accolto l’invito di alcune mie amiche che stavano organizzando un convegno in occasione della Giornata internazionale della violenza contro le donne. Vi aderii con una vendita di beneficienza, realizzando così la mia prima mostra personale. L’anno scorso, causa lockdown, organizzai con lo stesso scopo una collettiva online, Mariposas 2020, così quest’anno daremo vita a Mariposas 2021” .

I prossimi mesi, oltre ad alcune collettive, uscirà un libro che sostiene la causa della Fondazione Francesca Pirozzi di Pesaro Urbino, e Paola ne ha potuto realizzare la copertina. Dal 3 al 23 febbraio 2022 avrà la gioia irripetibile di esporre al MiMuMo e, dulcis in fundo, ha appena ottenuto il secondo posto al ‘Premio d’Arte Internazionale Dante Alighieri 2021’, indetto dalla Rivista Art Now, Serradifalco Edizioni, con l’opera Esercizio 52, Omaggio a Picasso, Per una vita rinnovata e purificata dall’amore”.

Benzina pura, che serve a tenerle acceso il motore della fantasia per poter continuare a vivere al massimo questo caldissimo sogno ad occhi aperti.

Paola Zeppi, Esercizio 52 (2021)

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