Neanche la circostanza avversa più inaspettata poteva scalfire l’entusiasmo di chi è abituato a guardare la realtà come una trasparenza continua, andando sistematicamente oltre il muro delle difficoltà. Ne è convinto e ne dà lucida prova anche stavolta il monzese Alessandro Galanti, artista con il callo delle creazioni in metallo e leghe placcate in oro di nobile fattura, e titolare di Algala Srl, azienda biassonese operativa nella meccanica di precisione. Da robusta realtà industriale a conduzione familiare alla seconda generazione, non ha risentito della piaga economica della pandemia. Anzi, stando agli indici di produzione ha risposto come se da quelle parti non fosse passato nessun tifone pandemico.
Sabato 10 luglio nella sua officina dei sogni d’oro ha quindi presentato al pubblico l’ultima fatica creativa, in una delle tradizionali occasioni che trasformano l’azienda di famiglia nell’incanto di un museo dai riflessi aurei, con angolo verde annesso, e che mancavano da quasi due anni. L’idea è un condensato di una recente delusione imprenditoriale sofferta nell’ambito di un progetto di Galanti che guardava ancora una volta in alto, e che lo ha inevitabilmente segnato. Tanto da portarlo a inscenare letteralmente una struttura monumentale che riproduce questa parentesi negativa che gli ha tolto energie, ma senza travolgerlo. Concetto ben espresso dal calco della sua mano decorata con la foglia d’oro, e unico “superstite” della battaglia, con il corpo che invece è finito idealmente risucchiato da una sfera di 5 metri di diametro.
“Sono di fatto due opere in una, che testimoniano come mentre il mondo si è fermato durante il lockdown, purtroppo noi come azienda siamo finiti in una truffa che ci ha segnato dal punto vista umano, e io stesso mi sono sentito risucchiato – spiega Galanti illustrando il senso dell’idea creativa – L’opera intende rappresentare due momenti: il mio particolare vissuto, anche con le persone a me care, parenti e che lavorano con me che hanno affrontato la “disavventura”; e princìpi come l’amicizia, la generosità e l’altruismo. In altre parole, la coincidenza di valori, perchè è come se su una scala di valori ci fossimo trovati tutti alla stessa altezza per superare il momento, e sicuramente ne siamo usciti a testa alta. Quindi quello che in apparenza sembra un buco nero, in realtà dentro rivela una luce costruita su una serie di valori”.
E se a un fugace e ingannevole sguardo l’opera esige di essere spogliata del classico velo da inaugurazione, per essere vissuta a pieno deve essere invece ispezionata nel suo interno. Imperscrutabile da fuori, da esaminare nel suo cuore. Lasciandoci la suspence di scoprire cosa dimori nella sua anima e facendo lavorare inevitabilmente gli ingranaggi dell’immaginazione. Dentro risplende una sorpresa con la rilucenza tipica delle creature di Galanti. Un gioiello “ricamato” in oro, dedicato e commissionato da una famiglia che ha voluto suggellare il suo amore con l’eleganza che luccica. E proprio perchè l’imponente creazione ci indica che è vietato fermarsi, Galanti – già reduce da diverse Biennali, l’ultima alla Biennale del Mare di Bellaria e Igea Marina nel 2020 – si è posto nuovi traguardi per l’anno a venire, preannunciando la partecipazione all’evento Capitale italiana della Cultura, atteso nel 2022 nell’incantevole cornice tirrenica di Procida.
Lui che ha già coronato il sogno di entrare in Senato, nel 2018, con un gruppo scultoreo dorato che vuole ispirare speranza, di come anche la cultura e l’arte e possono essere strumenti per promuovere la cultura della non violenza e combattere il femminicidio. Un evento di portata unica e probabilmente irripetibile per il tema sul tavolo e il contesto ospitante. Mentre tra gli sfizi di un certo pregio appuntati da tempo sul suo taccuino dei desideri mai vuoto, resta da soddisfare il proposito di consegnare personalmente una delle sue splendenti gemme d’oro a Papa Francesco, come segno di devozione profonda, fra i segreti di uno sguardo mai sazio e appagato, e sempre teso verso nuovi obiettivi.